"Ci segua fino al commissariato". E Vallanzasca gli sparò a bruciapelo

Montecatini ricorda l’appuntato Bruno Lucchesi, ucciso 42 anni fa

L'inaugurazione del monumento ai caduti della polizia (foto Goiorani)

L'inaugurazione del monumento ai caduti della polizia (foto Goiorani)

Montecatini Terme (Pistoia), 24 ottobre 2018 - Un colpo solo, a bruciapelo, dritto al cuore. Così 42 anni fa moriva, nei pressi del casello autostradale di Montecatini Terme, l’appuntato della Polstrada Bruno Lucchesi di 53 anni. A sparare fu il bandito Renato Vallanzasca, all’epoca già latitante dopo un’evasione. Ieri, nel punto dove Lucchesi cadde mortalmente, due dei figli dell’agente hanno inaugurato un monumento dello scultore Mauro Vaccai, dedicato a lui e a tutte le vittime della polizia.

Quel tragico 23 ottobre 1976 Lucchesi era di pattuglia con il collega Biagio Aliperta. Videro sfrecciare una Bmw 3000 targata Milano. La inseguirono e venne bloccata al casello della città termale. Il giovane al volante si giustificò dicendo che stava correndo a Pisa dove la mamma era ricoverata in ospedale e, su richiesta, esibì una patente. Era intestatata a Renato Gatti, 30 anni di Milano. La foto corrispondeva al giovane, ma il fiuto e l’esperienza fanno capire a Lucchesi che su quel documento c’è qualcosa che non va e così Gatti-Vallanzasca viene invitato nel vicino comando della Polstrada. Ma all’improvviso il giovane estrae una pistola e spara prima a Lucchesi, poi all’altro agente ferendolo a una gamba. Quindi si dirige al casello e ferma la prima auto che trova, quella di un commercialista di Prato con la moglie. Vallanzasca punta l’arma al conducente e si fa consegnare l’auto, che abbandonerà poco dopo ad Altopascio.

Le indagini portarono subito al già famoso bandito milanese, perchè appunto nella patente che Lucchesi stringeva nella mani, mentre veniva colpito a morte, c’era la foto di Vallanzasca. Il bel René, dopo qualche mese alla macchia, venne catturato in una mansarda di una palazzina liberty nella Capitale. Una volta arrestato confessò diversi delitti, ma non quello di Bruno Lucchesi. Al processo, che si tenne alla Corte d’assise di Firenze disse di avere un alibi: il giorno dell’omicidio del poliziotto sarebbe stato in un albergo di Foggia con altri componenti della sua banda e offrì delle bottiglie di champagne alla squadra pugliese che il giorno dopo avrebbe dovuto affrontare la Juventus in campionato. I giudici convocarono in Tribunale il tecnico Puricelli e alcuni giocatori, fra cui l’ex azzurro Domenghini. Tutti confermarono l’episodio del brindisi, ma nessuno seppe riconoscere Vallanzasca che alla fine del processo venne condannato a uno dei suoi tanti ergastoli.

In effetti ci furono un paio di persone che si autoaccusarono del delitto. Prima un pregiudicato viareggino, quindi qualche anno fa Pino Cobianchi, in carcere per l’omicidio di alcune prostitute inviò una lettera alla nostra redazione di Pisa in cui spiegava che a sparare era stato lui che stava appunto andando in Puglia a consegnare il documento falso a Vallanzasca. Ma per i giudici e l’altro agente non ci sono mai stati dubbi. A uccidere Lucchesi fu Vallanzasca.