ARIANNA FISICARO
Cronaca

Il grido di dolore del Teatro Buonalaprima: "Quindici persone senza stipendio da 2 mesi"

La crisi dello spettacolo raccontata da Eleonora Franchi

Il palcoscenico del Teatro Buonalaprima di Pittini della famiglia di Eleonora Franchi

Buggiano, 6 maggio 2020 - «Il teatro è fiducia e l’unico modo per ripartire sarà fare rete". Eleonora Franchi, titolare insieme alla madre del teatro indipendente Buonalaprima di Pittini, affronta il dramma della chiusura e le incognite sulla riapertura dell’attività. Ci sono cantanti che rischiano di perdere la voce perché non possono allenarla a casa come in teatro o in studio, musicisti che rischiano di perdere il labbro o il callo perché come i cantanti hanno lo stesso problema. Poi ci sono i tecnici del suono i custodi, le pulizie, la proprietà. Da due mesi 15 persone del teatro nato 3 anni e mezzo fa sono senza stipendio e contributi esterni. Ma il vero dramma sono i bambini, che non possono più accedere ai corsi di teatro, parificabili a momenti di terapia e ginnastica.

«Mia madre e io – spiega Eleonora Franchi – abbiamo investito tutte le nostre risorse in un progetto che ha dimostrato di funzionare. Il problema sarà tenerlo fermo 7 o 8 mesi con le spese che vanno avanti e nessun contributo. Ho molta pena per i miei 15 collaboratori cui adesso non posso garantire uno stipendio. La nostra è una realtà piccola, ma in Italia ce ne sono sparse ovunque e questo crea un problema sociale di sopravvivenza della categoria".

Troppo spesso è sottovalutato l’enorme contributo che la cultura il teatro e l’arte forniscono all’economia. "Il nostro è un teatro indipendente – prosegue – senza contributi pubblici. La realtà è molto complessa perché se mi dicessero che potrei anche riaprire a luglio, non saprei come fare. Sia per le spese, che per la programmazione della produzione".  

Poi Eleonora Franchi affronta un aspetto sociale che non andrebbe sottovalutato. "Il teatro rappresenta tutto l’opposto di ciò che ci viene chiesto adesso, perché significa avere un contatto fisico, toccarsi, respirare la stessa aria essere vicini, essere insieme. Con il distanziamento sociale non solo non si può lavorare, ma non si può nemmeno prepararsi per quando ci sarà la riapertura. In questo momento potrei programmare e organizzare un cartellone, ma non posso farlo: non so quando riaprirò. Cantanti, attori, ballerini, tecnici, nessuno può fare niente e sono persone che vivono di questo. In Italia l’arte non è considerata un lavoro, ma quando dobbiamo pagare le tasse siamo considerati lavoratori". Quindi l’unica ricetta è quella della fiducia. "Il teatro è fiducia – conclude Franchi – e l’unico modo per ripartire sarà fare rete, cercare di collaborare e far capire alle persone che usufruiscono dei nostri servizi che dobbiamo aiutarci. Nella speranza che qualcuno creda nel progetto e eventualmente voglia aiutare il settore anche in modo diretto".