Il viaggio delle ’balie chiesinesi’. Storie di donne tra miseria e successo

Chiamate a crescere i figli dei borghesi: le vite ricostruite da Gigliola Del Tredici

Il viaggio delle ’balie chiesinesi’. Storie di donne tra miseria e successo

Il viaggio delle ’balie chiesinesi’. Storie di donne tra miseria e successo

Successo del lavoro di Gigliola Del Tredici sulle balie di Chiesina Uzzanese. Presto verrà ristampato il libro "Donne meravigliose: le balie chiesinesi". Il volume è stato recentemente presentato nuovamente alla biblioteca di Chiesina. Un lavoro di ricerca storica d’archivio e sociale, un’accurata indagine fra i ricordi di famiglia, intrisi di racconti e di fotografie assolutamente non sbiaditi dal tempo ma ancora vivi e veraci nella memoria di figli e nipoti che hanno ben volentieri e con tanta emozione voluto raccontare la storia delle loro nonne, zie, mamme. Gigliola Del Tredici ci fa scoprire chi erano le balie, distinguendo fra balie da latte (quelle che andavano appunto ad allattare un bambino altrui) e balie asciutte, cioè quelle che spesso rimanevano ad accudire il figlioletto d’altri, terminato l’allattamento. Le balie chiesinesi lavoravano nel territorio di Chiesina Uzzanese, Chiesa Nuova, Ponte Buggianese: balie che vediamo fieramente ritratte nelle numerose fotografie donate dai familiari delle balie chiesinesi e sapientemente raccolte e catalogate da Del Tredici. Le foto raccontano di donne partite nell’ondata migratoria della seconda metà dell’800 e della prima metà del ‘900 con umili vesti, con pelle ed ossa divorate dalla miseria, con in tasca il loro documento di viaggio rilasciato dal Regno d’Italia per arrivare in Francia (Parigi, Lione, Bordeaux), in Corsica, in Tunisia, a Milano e a Torino, o in località più vicine come Pisa, Firenze e Lucca. Quelle della Valdinievole erano famose e ricercate.

Perché richiedere una balia da parte di queste nobili famiglie? Per non far sformare il corpo alle giovani madri, per consentir loro di seguire di più il marito nella vita sociale e nelle relazioni di amicizia e di affari. La scelta di questo lavoro era dettata dalla povertà. Molte erano considerate mercenarie del proprio latte e malviste a causa dell’abbandono del proprio figlio in patria, molte partivano con i sensi di colpa e le lacrime agli occhi, ma più forte era la speranza di dare un futuro migliore ai propri figli. Alcune diventavano capifamiglia guadagnando di più dei loro mariti rimasti in patria: la paga era infatti 3 volte quella di un operaio e molte le regalie.

Giovanna La Porta