
Montecatini Terme (Pistoia), 21 aprile 2023 - La Cava Maona, dopo il fallimento della proprietà dell’area, è stata acquistata attraverso una procedura di vendita senza incanto per 170.100 euro, con la procedura gestita dall’avvocato Sonia Tripi, professionista incaricata dal tribunale. In città, soprattutto tra i residenti della zona, sono partiti dubbi e domande sul futuro della zona. In passato ci sono stati alcuni progetti e idee mai concretizzati. Secondo alcuni esperti e tecnici, un invaso alla Cava Maona potrebbe risolvere i problemi legati alle risorse idriche a disposizione della città.
L’ipotesi viene discussa da oltre trent’anni, con timori e polemiche da parte dei residenti della Casina Rossa. Possibili file interminabili di camion che trasportano terra e scarti di lavorazione e possibili cedimenti della struttura hanno sempre creato forti timori. Nel 2011, Acque Toscane, allora gestore del servizio idrico, dette incarico a un gruppo di specialisti di realizzare un nuovo studio di fattibilità sulla realizzazione dell’invaso. I risultati ufficiali dovrebbero essere presentati nei prossimi giorni, ma le anticipazioni iniziano già a emergere. Gli esperti incaricati presentarono sei ipotesi al gestore del servizio idrico di Montecatini. Quella più convincente, anche per la maggiore sicurezza durante i lavori e il successivo utilizzo della struttura, prevede un invaso da 110 mila metri cubi. Una soluzione di questo genere non prevede lunghe file di camion che rendono più difficile la circolazione, mentre portano via la terra. L’invaso verrebbe collegato con le fonti di Vico e di altre zone della collina. Il costo complessivo dell’intervento, stando alle prime ipotesi, dovrebbe attestarsi su circa 4 milioni e mezzo di euro. In seguito la proprietà dell’area decise di dare il via a un progetto, che entro’ subito nella fase preliminare. Operai e boscaioli iniziarono a riportare ai dimenticati splendori quel vasto territorio di 12 ettari di proprietà della famiglia Strambi. Terminata da quarantanni lestrazione di pietrame e scomparsi da tempo i contadini di quei poderi, i terreni collinari erano rimasti disabitati e frequentati solo da fungaioli e cercatori di memorie storiche. La Dia per la ristrutturazione della casa colonica (costruzione in pietra degli inizi dell’800) venne presentata in Comune e presto il cantiere, secondo i piani, sarebbe stato avviato.
Doveva diventare l’abitazione del proprietario e la reception di un agriturismo di alto livello, strutturato in 12 unità abitative in 6 edifici, che sfruttano le vecchie cubature già presenti nell’area, con un ridotto impatto ambientale. Sarebbero stati infatti ricavati sui terrazzamenti naturali del terreno, in parte interrati. Ma di questo progetto non si è saputo più nulla.