
Vendeva diamanti ai vip, da Vasco Rossi a Federica Panicucci a prezzi fuori mercato e investiva il bottino in una cava di marmo, in una sartoria e una rivendita auto di Carrara, ma anche in un ristorante di Forte dei Marmi. Ha patteggiato 4 anni 4 mesi l’imprenditore 45enne Nicolò Maria Pesce, che era stato arrestato dalla guardia di finanza lo scorso giugno e a cui erano stati sequestrati beni per oltre 17milioni di euro. L’indagine, chiamata ‘Gold Fish’ (coordinata dalla pm di Milano, Grazia Colacicco), nasce da una costola dell’inchiesta ‘Crazy Diamonds’, che aveva portato a scoprire una maxi-truffa, dell’ordine di diverse centinaia di milioni di euro, ai danni di decine di migliaia di risparmiatori, da parte di società che, attraverso il sistema bancario, promuovevano e vendevano diamanti a prezzi notevolmente superiori rispetto all’effettivo valore, assicurando agli investitori rendimenti irrealistici ed applicando esorbitanti provvigioni. Nella rete di Pesce erano finiti anche molti vip, come Vasco Rossi, Federica Panicucci e Simona Tagli. L’imprenditore aveva poi riciclato e reinvestito le somme distratte, in fondi gestiti da una società d’investimento lussemburghese, nonché finanziando numerose imprese soprattutto sul nostro territorio tra cui una cava di marmo, una sartoria e un concessionario di autovetture, tutti a Carrara, e due società operanti nel recupero crediti e nell’intermediazione immobiliare. Da ieri, dopo il sequestro, sono stati confiscati in modo definitivo e quindi assicurati allo stato con un provvedimento del gip milanese Alessandra Clemente quote societarie di aziende, tre immobili di cui uno di particolare pregio nel pieno centro di Milano, orologi di notevole valore, sto di lusso e due imbarcazioni, tra cui uno yacht di 30 metri.
L’indagine la scorsa estate era stata chiusa a carico di 87 persone fisiche e 7 società, tra cui anche gli istituti di credito Banco Bpm, Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, BancaAletti. Approfondendo, poi, i flussi finanziari di una delle società le cui quote erano già state sottoposte a sequestro, i finanzieri a giugno erano riusciti a ricostruire il complesso meccanismo di riciclaggio utilizzato per occultare una parte dei proventi della truffa. E’ grazie a questi approfondimenti che le fiamme gialle sono riuscite ad accertare come Pesce avrebbe "riciclato e reinvestito i propri guadagni illeciti in fondi gestiti da una società d’investimento lussemburghese" e finanziando "numerose imprese" a lui riconducibili, tutte attive nel centro-nord: "un ristorante a Forte dei Marmi, una cava di marmo uin città, una sartoria ed un concessionario di autovetture a Carrara e due società di recupero crediti e intermediazione immobiliare con sede a Milano".
Per arrivare a questo risultato i finanziari avevano svolto attività a Milano, Roma, Varese e nelle province di Lucca e Massa Carrara e avevano portato al sequestro di "53 rapporti finanziari, 21 partecipazioni societarie, un immobile e un’autovettura". ro né coesione sociale". Gli ulteriori elementi acquisiti nel corso delle indagini in questi mesi hanno poi indotto l’arrestato a richiedereil patteggiamento della pena e, con il consenso del pubblico ministero, il tribunale si è poi espresso con sentenza divenuta irrevocabile, condannando l’imputato alla pena della reclusione di 4 anni e 4 mesi, nonché alla confisca del profitto e del prodotto del reato di riciclaggio conseguiti dall’imprenditore.