PATRIK PUCCIARELLI
Cronaca

Una vita per la libertà: "A scuola senza pane per l’ostinato rifiuto di fare il saluto fascista"

Il presidente dell’Anpi raccontò gli anni della guerra e i suoi ideali in una nostra intervista a cuore aperto: "Il mio modello era mio fratello Lazzaro partigiano". Poi il lavoro per 30 anni all’Olivetti .

Una vita per la libertà: "A scuola senza pane per l’ostinato rifiuto  di fare il saluto fascista"

Una vita per la libertà: "A scuola senza pane per l’ostinato rifiuto di fare il saluto fascista"

"Quel giorno scappavo con mia madre poi un fascista ci sparò". Nando Sanguinetti è seduto nella sua cucina mentre racconta, cappello e maglione rosso con un coprispalla blu. Sorseggia un po’ d’acqua, la malattia non gli da tregua è fisicamente provato, ma sorride perché "ci sono storie che devono essere ricordate e la mia parla di Resistenza". Così prende fiato, sposta i giornali sul tavolo, si toglie gli occhiali e parte dall’inizio. "Sono nato in piazza Alberica da una famiglia di antifascisti. Mio padre era un anarchico, comunista libertario, sono l’ultimo di 8 figli. Andavo alle elementari durante la guerra, ero un figlio della lupa, mi facevano addestrare con il moschetto di legno per poi diventare balilla.

Bisognava fare sempre il saluto fascista, se andavi in bagno e incontravi un dirigente o il maestro dovevi fare il saluto, cosa che io non ho mai fatto. Finite le lezioni c’era la mensa: tutti seduti con una scodella di minestrone, un bicchiere d’acqua, un pezzo di pane, a volte del formaggio. Davanti a me però la scodella era sempre vuota, addirittura rovesciata, reclamavo anche perché a casa il cibo scarseggiava. Si avvicinava sempre un federale che mi prendeva per le orecchie alzandomi da terra dicendomi che il saluto mi avrebbe permesso quel pasto. Così tornavo a casa e di nascosto andavo nella madia per cercare del pane. Tutte le volte era sempre la stessa storia, ma io il saluto non l’ho mai fatto e mai lo farò".

La sua memoria riecheggia tra le mura della casa a Marina la mente è lucida, e la sua voce diventa più cupa quando parla dell’allarme "quel suono l’ho sognato molte volte. Un giorno mentre trascinavo mia mamma che stava male, un fascista dietro di noi ha iniziato a gridare, mio babbo lo avevano già rastrellato. Quell’uomo urlava sempre più forte, io non sapevo come fare, mi avvicinavo al rifugio poi ho sentito un colpo di fucile: il fascista ci aveva sparato ma il colpo è finito a neanche un metro da me". Cresce sempre di più la voglia di Resistenza, la sua figura di riferimento è Lazzaro, il fratello partigiano classe 1924 "che ha gettato nella vasca di piazza Alberica un commissario prefettizio fascista, ma dato che era minorenne lo ho hanno processato per spedirlo poi nel carcere Beccaria a Milano - prosegue Sanguinetti -. Durante i bombardamenti è riuscito a scappare e invece di andare nei repubblichini di Salò si unì ai partigiani. Era di base a Castelpoggio con il comandante ‘Capuralin’, Giovanni Bernardi. Ricordo bene le SS che bussavano alla nostra porta chiedendo ad alta voce di mio fratello". Aveva 10 anni Sanguinetti quando ci fu la Liberazione "era in parte una festa - spiega - dall’altra però ci fu uno scontro a Castelpoggio dove Lazzaro ha perso la vita, penso che se avessi avuto 3 anni di più sarei stato al suo fianco". Passano gli anni, quelli della ricostruzione, nel 1950 all’età di 15 anni "sono andato a fare il lizzatore per 11 anni, poi quando ne avevo 26 la nostra zona industriale era diventata un polo di opportunità lavorative tra Dalmine, Pignone e Olivetti". A quel punto si ritrovano in 15 ragazzi che dalla lizza devono scegliere tra le tre grandi industrie, così prendono un cappello mettono dentro dei foglietti ed estraggono a sorte. "Io sono finito alla Olivetti dove ci sono rimasto per 34 anni, fino alla pensione, facevo il verniciatore - conclude Sanguinetti -. In fabbrica mi hanno messo nei consigli di fabbrica, ero diventato un punto di riferimento. Avevamo formato una sezione del Partito Comunista e siamo riusciti ad avere una bacheca per i partiti dentro la fabbrica".