REDAZIONE MASSA CARRARA

"Sono stato salvato dai miei colleghi"

Il suo primo pensiero è per i colleghi apuani, ben cinque, che non ce l’hanno fatta. Cinque medici che hanno curato i pazienti quando il Covid era quasi uno sconosciuto e le protezioni individuali non facevano parte della quotidianità. Anche Dante Cesaretti (nella foto), apprezzato professionista massese, con la medicina nel Dna, nonno e padre medico, ha contratto il virus. Se n’è accorto nel giorno della festa della donna, un anno fa, in piena pandemia, ed ha vinto la sua battaglia.

Dottor Cesaretti, come si è accorto di avere il Covid? "Mi sono accorto di non stare bene l’8 marzo 2020. Respiravo, ma non stavo in piedi. Il ricovero in ospedale, il 14 marzo, lo hanno deciso i miei colleghi e mi hanno salvato la vita. Sono stato dimesso l’8 aprile. Quando sono uscito ero felice. Mi mancava la normalità, i gesti semplici del quotidiano, come bere un caffè. Gesti che diamo per scontati e che invece non lo sono".

Cosa è cambiato un anno dopo? "Sono ostinato e voglio credere che il virus non abbia modificato niente della mia vita. Ma sono consapevole che non è così: un’esperienza importante come la malattia da Covid modifica qualcosa ".

Lei è un medico: cosa significa vivere l’ospedale da paziente?

"Ho capito che le persone ricoverate pendono dalle labbra del medico. E’ successo anche a me. Ho compreso che l’elemento più importante della relazione medico-paziente è la comunicazione".

Cosa significa?

"Voglio dire che il paziente ha bisogno di capire quanto il medico è interessato a lui e alla sua malattia. Nella comunicazione medico-paziente non è il tempo che conta ma la qualità e il messaggio della comunicazione".

Cosa si può fare ?

"Bisogna lavorare in questa direzione. Io stesso quando sono stato ricoverato non osavo chiedere per timore di apparire noioso. La relazione medico-paziente passa attraverso il linguaggio e non il tempo. E’ necessario approfondirla".

Cosa ricorda di quei giorni?

"Ricordo tutto. Ogni particolare".

Maria Nudi