Sanac nel baratro, siamo alla resa dei conti Sindacati dal prefetto per l’ultimo sos

La via d’uscita è rientrare nello stanziamento governativo da 1,2 miliardi a favore dell’ex Ilva e pagare così i 35 milioni di debiti. Fronte comune di Cgil, Cisl e Uil che avvertono: "Già a settembre c’è il rischio reale della cassa integrazione. E poi la chiusura"

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di Andrea Luparia

Ormai siamo alla fine della storia e gli ottimisti sono pochi. Malgrado promesse e proteste, la Sanac di Massa è più che mai a rischio. E così ieri a mezzogiorno i segretari di Cgil, Cisl e Uil e deI sindacati di categoria sono andati dal Prefetto a Palazzo Ducale per chiedere aiuto. Per lanciare l’ennesimo sos, insomma. Ma ormai siamo alla resa dei conti. Che la situazione sia drammatica lo testimonia anche l’unità dei sindacati. In passato ci sono stati screzi, divisioni, che magari in qualche momento affiorano ancora oggi, ma l’impressione è che questa volta l’unità sia reale. E forse la sola speranza, che qualcuno esplicita, è che Sanac ritorni all’interno del perimetro ex Ilva, da cui venne estratta ai tempi del “caso“ Riva. Perchè un conto è protestare a Roma parlando a nome dei cento lavoratori di Massa e degli altri 200 (o poco più) degli altri tre stabilimenti del gruppo, un conto è sedersi al tavolo delle trattative insieme ai dipendenti ex Ilva di Taranto, Genova, ecc. "Se l’ex Ilva di Taranto non paga i debiti, che noi stimiamo tra i 30 e i 35 milioni – spiega Stefano Tenerini, della segreteria Femca – a settembreottobre parte la cassa integrazione. E questa volta non sarà propedeutica alla ripresa dell’attività ma alla chiusura dello stabilimento". Anche Andrea Figaia, segretario provinciale Cisl, non è ottimista. "Chiediamo al Prefetto di premere su Roma perchè i segnali che abbiamo sono tutti negativi. Da quanto abbiamo saputo, la multinazionale indiana uscita vincitrice dalla gara voleva dimezzare l’occupazione e non voleva garantire la continuità produttiva dei quattro stabilimenti Sanac...".

Massimo Graziani, segretario Uiltec Toscana Nord, è durissimo: "Purtroppo avevamo ragione noi. Lo scorso anno abbiamo criticato il bando di gara. Ci hanno accusati di essere degli statalisti, dei nostalgici. E così oggi ci ritroviamo al punto di partenza. Vogliono rifare una gara ma chi lo dice che questa volta andrà bene? Che non andrà addirittura deserta? Abbiamo già visto come può andare a finire. Bisogna cambiare i paramenti, altrimenti Sanac rischia di chiudere. Eppure l’Italia ha bisogno di fare acciaio e i refrattari che Sanac produce servono proprio a questo...". Sulla stessa posizione Umberto Faita, segretario Fiom Cgil. "L’unica novità in questo panorama è lo stanziamento. da parte dello Stato, di un miliardo e 200 milioni a favore dell’ex Ilva. Chiediamo alla politica di fare in modo che questi soldi servano anche per pagare i debiti che la Sanac vanta nei confronti di Taranto per lavori fatti e mai pagati. E dopo avere pagato il dovuto, l’ex Ilva deve tornare ad ordinare i refrattari fatti a Massa. Invece adesso li ordina all’estero e non sono nemmeno prodotti così convenienti...".

Alle 12,30 la delegazione entra a Palazzo Ducale ed incontra il Prefetto Guido Aprea. Il faccia a faccia ha esito positivo e all’uscita i sindacalisti appaiono piuttosto soddisfatti. "Il Prefetto aveva già chiamato la viceministro al Ministero dello Sviluppo Economico, Alessandra Todde, illustrandole la situazione – racconta Nicola Del Vecchio, segretario provinciale Cgil – e ha ribadito l’assoluta necessità che l’ex Ilva paghi i debiti che ha verso il gruppo Sanac". Delvecchio aggiunge poi che nell’incontro si è parlato anche di sicurezza sul lavoro, un tema molto delicato in una provincia dove le morti sul lavoro (o comunque gli incidenti con feriti e infortunati) sono troppo frequenti. "Il Prefetto si è impegnato anche in questo campo – conclude Del Vecchio – e come sindacato non possiamo che essere soddisfatti".