EMANUELA ROSI
Cronaca

Ritorno alla natura. Orto, animali e socialità. L’ecovillaggio di Max

Alla scoperta di ’Adocentyn’, progetto di permacultura sopra Pontremoli. Il fondatore ha 28 anni e un sogno: "Creare una comunità sostenibile".

Ritorno alla natura. Orto, animali e socialità. L’ecovillaggio di Max

Sveglia appena dopo l’alba e si parte a programmare giornate e settimana, poi c’è da gestire la ristrutturazione della casa: è pronta la prima metà, l’altra lo sarà entro fine anno. Quindi si esce, con qualsiasi condizione meteo per dar mangiare e da bere agli animali: oche, anatre, galline, 4 cani da pastore maremmani. Poi a raccogliere i prodotti dell’orto per consegnare ‘porta a porta’ le ordinazioni o venderli al mercato settimanale in piazza a Pontremoli. Al ritorno ancora nei campi e mille altre incombenze: dal fare la legna ai tanti altri lavori in cui deve cimentarsi, un po’ di falegnameria e un po’ di muratura, elettricista e idraulico. E’ la giornata-tipo di Max Furini nell’ecovillaggio che 4 anni fa, in piena pandemia, ha cominciato a costruire sui monti sopra Pontremoli. Oggi di anni ne ha 28 e il suo progetto continua a crescere. Quando piove ha il tempo di fare le conserve, pulizie approfondite, cu[/DATA]rare il sito, i social, i rapporti nati e cresciuti prima e dopo il parto di “Adocentyn“, nome della magica città utopica di Ermete Trismegisto, il suo progetto di ecovillaggio il cui cardine è la permacultura.

È qui che Maximilian Furini, Max, nel 2020 ha deciso di cominciare a costruire il suo sogno: un ecovillaggio secondo la filosofia della permacultura alimentato dalla speranza che diventi il progetto di una comunità. Ad aiutarlo arrivano da tutto il mondo, giovani e meno, grazie alla collaborazione con due associazioni: danno una mano nelle attività e imparano in cambio di vitto e alloggio. La speranza è di riuscire a creare un gruppo di collaborazione stabile. "Stanco? Sì, le mani sono due, le ore del giorno 24, e i lavori da fare infiniti, dall’idraulico al manager, agricoltore, allevatore", dice sgranando i piselli del suo orto dove tutto è coltivato rigorosamente senza pesticidi e concimi chimici, con acqua pura di sorgente, lontano da qualsiasi fonte di inquinamento.

Il progetto ha cominciato a germogliare quando Max, nato a Milano e cresciuto sul Lago Maggiore, di anni ne aveva 15 e già guardava il mondo andare in una direzione che non gli piaceva. Oggi divulga la progettazione in permacultura e la sostenibilità ambientale energetica e sociale, sostiene la valorizzazione di individui e territorio, produce frutta, verdura, uova, erbe aromatiche e piccoli frutti in maniera naturale. "A un certo punto mi sono chiesto se volevo fare quello che critica e polemizza o applicare soluzioni concrete, e la risposta è stata la seconda. Credo che ci sia bisogno di scelte forti per le prossime sfide che ci troveremo ad affrontare", spiega. Così dopo il diploma da ragioniere, ha fatto due anni di teoria e pratica all’Accademia italiana di permacultura, corsi e attività di rete in giro per l’Italia, sei mesi in India a visitare realtà che potessero aprirgli nuovi orizzonti. "Alla fine ho deciso di partire da solo", dice. Ed ha selezionato una trentina di luoghi dove poter realizzare il suo progetto di ecovillaggio, guidato dai concetti di sostenibilità, risparmio e riciclo. La scelta è ricaduta su Pontremoli, in una grande proprietà abbandonata dagli anni ’50.

"Rispondeva ai miei requisiti – spiega –: acqua, energia elettrica, un budget contenuto per l’acqusto, lontano da inquinamento ma accessibile e servito da mezzi pubblici, 4 ettari di terra pianeggiante in mezzo ai monti. Qui negli anni ’40 vivevano duemila persone, oggi in tutta la valle del Verde forse non arriviamo a 200 abitanti. Il mio vicino sta a 3 km, ho potuto allacciare relazioni, contatti con la cooperativa guinadese. L’obiettivo non è vivere in solitudine ma creare senso comunità, tessere relazioni mutuo aiuto". Il progetto, spiega, è in continua evoluzione: alla coltivazione e alla vendita dei prodotti a km zero, si aggiungono corsi, incontri, accoglienza. "Il Max di oggi non è lo stesso arrivato a Pontremoli 4 anni fa – racconta – . Molte le soddisfazioni perché vedo il progetto prendere forma e molti obiettivi li ho raggiunti. C’è ancora molto da lavorare sul fattore comunitario: nel mio progetto non c’è un collante religioso o ideologico. Il collante può essere solo il connubio tra l’amore per la terra e il desiderio di ristabilire una connessione umana. Momenti di sconforto non mancano, come un anno fa quando una grandinata ha devastato le culture. Il supporto clienti sempre piu importante: i prezzi dei prodotti di un piccolo contadino non possono essere quelli di un supermercato".