
Genitori, docenti e residenti di Romagnano si sono radunati ieri davanti alla Parini
Sono passati quattro mesi dalla chiusura della scuola Parini di Romagnano, ma le domande restano aperte. Il 28 gennaio l’edificio è stato sgomberato in tempi ristretti per motivi legati alla sicurezza strutturale. Da allora, alunni e insegnanti sono stati redistribuiti in altri istituti, ma la comunità scolastica non ha mai smesso di cercare risposte. Nel pomeriggio di ieri, proprio davanti ai cancelli di via Romagnano, si è tenuto un presidio spontaneo promosso da insegnanti, genitori e residenti, per chiedere chiarezza sul futuro della scuola e sul destino del quartiere che l’ha ospitata.
"La nostra uscita è avvenuta in due ore, senza che ci fosse una presenza istituzionale a supportarci – ha raccontato Marta Matteini, docente di inglese alla Parini – tutto è stato lasciato all’autogestione, mentre cercavamo di non allarmare i bambini, pur non avendo noi stessi risposte chiare. È stato uno choc per tutti, e ancora oggi è difficile metabolizzarlo". La scuola era un punto di riferimento vivo e continuo: "Era aperta quasi a tutte le ore, anche il pomeriggio, con musica, progetti, laboratori e momenti comunitari. Vederla così, oggi, ridotta al silenzio e al degrado dopo pochi mesi, è devastante", ha aggiunto.
Nel corso di un presidio spontaneo, organizzato davanti ai cancelli della scuola, docenti, genitori e residenti hanno espresso la loro preoccupazione e il desiderio di avere chiarezza sul destino dell’edificio e sulla continuità educativa nel quartiere. "Romagnano senza la sua scuola è più fragile", ha dichiarato Lara Mignani, portavoce di un gruppo che riunisce genitori e personale scolastico. "La Parini era molto più di un plesso: era un presidio educativo e sociale, aperto al territorio e ricco di attività, anche extrascolastiche. Vogliamo sapere quale sarà il suo futuro".
Emersa anche la volontà, da parte della comunità scolastica, di ricostruire il percorso che ha portato alla chiusura. In particolare, è stato ricordato che già nel 2020 una perizia, legata a un progetto di efficientamento energetico, aveva evidenziato alcuni elementi critici nella struttura. A seguito di nuovi carotaggi effettuati nel 2025, quei dati sarebbero stati confermati. La richiesta principale oggi è proprio quella di comprendere in che modo le istituzioni intendano agire, e in quali tempi, per restituire una sede scolastica alla comunità.
Presenti all’iniziativa anche alcuni rappresentanti dell’opposizione comunale: Daniele Tarantino per il Partito Democratico, Daniela Bennati per il Polo Progressista e Ivo Zaccagna per Massa è un’altra cosa. Tutti hanno espresso vicinanza ai cittadini e la disponibilità a farsi portavoce delle istanze raccolte. "Il quartiere ha bisogno di risposte concrete – ha dichiarato Bennati – e di un impegno serio sul tema dell’istruzione pubblica e della coesione sociale". Oltre all’aspetto educativo, è stato sottolineato anche l’impatto che la chiusura ha avuto sul tessuto commerciale della zona. Attività come l’alimentari e il bar nelle immediate vicinanze della scuola lamentano un calo evidente delle vendite, in particolare nei momenti legati all’ingresso e all’uscita degli studenti. "Prima vendevamo decine di focacce ogni giorno, adesso molto meno", spiega il titolare del negozio. "Il quartiere sembra essersi svuotato".
Non manca infine la preoccupazione legata alla sicurezza. L’accesso all’area scolastica da via Romagnano, infatti, risulterebbe ancora facilmente percorribile, e alcuni residenti temono che l’edificio, se lasciato incustodito, possa andare incontro a episodi di degrado o occupazioni abusive. Per questo, una parte della comunità chiede non solo risposte sul futuro dell’immobile, ma anche maggiore attenzione alla gestione dell’area nell’immediato. Il presidio si è chiuso con l’auspicio che l’amministrazione comunale possa fornire presto aggiornamenti ufficiali. "Chiediamo solo chiarezza e tempi certi – ha detto una madre – perché una scuola chiusa è un vuoto che il quartiere sente ogni giorno".
Michele Scuto