"Per domattina voglio il giornale". Così Ricasoli fondò ’La Nazione’

Il quotidiano fiorentino, nato nel luglio 1859, sostenne le idee e la lotta per l’unità d’Italia. Gli alunni del Laboratorio di giornalismo della Malaspina alla scoperta del mondo del Risorgimento.

"Per domattina voglio il giornale". Così Ricasoli fondò ’La Nazione’

"Per domattina voglio il giornale". Così Ricasoli fondò ’La Nazione’

"È arrivato il momento, per domattina voglio il giornale". È la sera del 13 luglio 1859 e siamo a Firenze, a Palazzo Vecchio. Ed è con questa frase che il barone Bettino Ricasoli, sostenuto dal giurista Piero Puccioni, dall’avvocato Leopoldo Cempini e dal banchiere Carlo Fenzi, tutti patrioti come lui, dà il via libera alla fondazione del quotidiano La Nazione che nasce per dare voce a tutti coloro che volevano un’Italia unita sotto il regno dei Savoia.

La decisione fu presa in risposta all’armistizio di Villafranca che l’11 luglio aveva messo la parola fine alla seconda guerra d’indipendenza e alla speranza di portare sotto la bandiera di Vittorio Emanuele II, oltre alla Lombardia, anche il Veneto e il Trentino. Per Ricasoli, capo del governo toscano provvisorio, dopo l’armistizio c’era il pericolo che i Lorena tornassero in Toscana. Anche per questo motivo la mattina del 14 luglio Firenze fu inondata da 3000 copie del nuovo quotidiano che usciva a due pagine senza gerenza, senza il nome dello stampatore e senza il prezzo. Il 19 luglio fu pubblicato il primo numero ufficiale a quattro pagine con la pubblicità nell’ultima.

La Nazione fu il giornale risorgimentale per eccellenza, che esprimeva la volontà dei patrioti italiani di trasformare l’Italia in uno Stato nazionale. Il nuovo quotidiano con i suoi giornalisti seguì tutte le vicende che portarono prima all’unità d’Italia nel 1861 e poi alla breccia di Porta Pia e all’annessione di Roma che, dal 1871, divenne capitale d’Italia.

I giornalisti che scrivevano sulla testata fiorentina all’inizio non percepivano alcuno stipendio, perché era considerato un onore lavorare per La Nazione, che aveva inviati di grande prestigio. A seguire l’impresa dei Mille guidati dal generale Giuseppe Garibaldi, per esempio, fu Alexandre Dumas padre, l’autore de “I tre moschettieri”, testimone della battaglia di Calatafimi e a fianco dell’eroe dei due mondi il giorno in cui entrò a Napoli. Altri personaggi importanti con i loro articoli hanno sostenuto nel tempo la posizione presa dal giornale. Fra questi Carlo Lorenzini, che si firmava Collodi, autore de “Le avventure di Pinocchio”; Massimo D’Azeglio, scrittore e politico; Niccolò Tommaseo, linguista; lo scrittore Luigi Settembrini; e il giurista e politico italiano Giovanni Battista Giorgini, che trascorse parte della sua vita a Montignoso e che diede un contributo apuano alle idee promosse da La Nazione.

A Massa ha anche abitato, in una villa che si affaccia sulla via omonima, il letterato pisano Alessandro D’Ancona, che del quotidiano fiorentino fu direttore tra il 1859 e il 1860.