Nicola Del Freo, un volo infinito sulle punte Il danzatore primo ballerino alla Scala

La passione. il talento e la tenacia hanno portato il giovane carrarese nel gotha della danza classica mondiale. I primi passi a dieci anni

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di Maurizio Munda

Da una passione nata quasi per caso a uno dei palcoscenici più importanti del mondo, dai primi passi in punta di piedi quasi per gioco a primo ballerino della Scala, ma con nel cuore sempre la sua Carrara, i suoi amici, la sua famiglia. E’ la favola di Nicola Del Freo, il giovane carrarese che da poche ore è il primo ballerino del teatro alla Scala di Milano. Classe 1991, all’età di 10 anni il piccolo Nicola va con i genitori al teatro Verdi di Pisa a vedere uno spettacolo di danza russa. Il colpo di fulmine con il ballo si consuma in una sera perché tornato a casa dice chiaramente a papà Paolo e mamma Anna che lui vuole andare a studiare nella scuola che insegna a volteggiare in aria. Inizia a frequentare la scuola di danza di Stefania Dallari, ma terminata la scuola dell’obbligo (elementari alla Paradiso e medie alla Da Vinci), a 14 anni Nicola vola in Germania dove ad Amburgo frequenta la scuola Neumeier mentre a 19, dopo una audizione, entra nell’opera di Berlino come demi-solista (coppia di ballerini speculari).

Ormai il suo rapporto con la danza classica è indissolubile: nel 2015 entra alla Scala come corpo di ballo aggiunto, dopo due anni è solista e dopo quattro, proprio poche ore fa, vince il concorso ed è primo ballerino (in ciascun corpo di ballo ci sono 6 o 7 solisti e 3 o 4 primi ballerini). Lungo e ricco il curriculum di Del Freo: ha ballato nei più prestigiosi teatri italiani, dalla Scala di Milano al San Carlo di Napoli, dal Brancaccio di Roma alla Fenice di Venezia. Ha vinto il premio Positano, ha fatto tournèe in Cina, Stati Uniti, Canada, in Europa; ha ballato con l’etoile Roberto Bolle, si è esibito ne "La Bella Addormentata", "Lo schiaccianoci", "Il lago dei cigni", "Manon". E prossimamente ballerà ancora con Bolle a Caracalla di Roma, a Firenze, all’arena di Verona. Una professione ricca di soddisfazioni, ma anche una vita di grande sacrificio e che, quando non ci sono spettacoli, impone allenamenti dalle 8.30 alle 19 con solo mezz’ora di pausa pranzo. E a causa degli intensi allenamenti è anche difficile contattarlo, ma mamma Anna racconta: "all’inizio la sua scelta ci ha provocato tanto dolore, un figlio unico che se ne va da casa così giovane è difficile da accettare. Poi ce ne siamo fatti una ragione e abbiamo pensato alla sua vita: è giusto rispettare le sue scelte che adesso ci danno tante soddisfazioni". Forte il legame con la sua città e appena può torna per stare con la famiglia e frequentare gli amici. Una lezione che vale per tutti: per arrivare a certi risultati ci vogliono testa e impegno, dedizione.