REDAZIONE MASSA CARRARA

Nell’oceano c’è “un mare di pericoli“

Cumuli di plastica mettono a rischio la salute dell’uomo e della nostra Terra. Stiamo tutti correndo davvero un grande rischio!

Il mare. Cosa pensi quando pronunci questa parola? Di sicuro alla libertà, all’estate, all’acqua cristallina, ai giochi sulla spiaggia. Purtroppo non è solo così! Scienziati e ambientalisti ci mettono in guardia contro un fenomeno grave: la dispersione di tonnellate di rifiuti nei mari e negli oceani sta uccidendo il mare e con esso l’essenza stessa della vita. La minaccia che più spaventa è la plastica, che non scompare mai; si rimpicciolisce, ma non può sparire. Nei primi anni ’60 sono state scoperte vereisole di plastica, disperse nei nostri oceani; in queste isole, non troviamo palme, spiagge e calette, bensì agglomerati di rifiuti galleggianti di ogni genere. Di isole di plastica ce ne sarebbero almeno 5: 2 nel Pacifico, 2 nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano. Quella più famosa del Pacifico sarebbe più grande dell’Europa, è la “Pacific Trash Vortex”, accumulo di spazzatura galleggiante formata soprattutto da plastica. Il rischio non è circoscritto alle sole zone di mare o di oceano in cui ci sono queste isole, ma gli effetti dell’inquinamento si propagano per migliaia di chilometri; dispersi nelle acque si trovano rifiuti plastici come flaconi, palloni, bicchieri, buste della spesa, mascherine e bottiglie, oggetti che usiamo solo per un attimo, ma che creano innumerevoli microparticelle che ogni anno uccidono pesci, tartarughe, mammiferi e migliaia di uccelli. Gli animali più grossi possono rimanere impigliati nei rifiuti o nelle reti lasciate in mare dai pescatori, trovando la morte. Microplastiche e nanoplastiche, cariche di veleni e non distinguibili dal plancton, vengono mangiate dai pesci e dagli altri animali marini, entrando così nella catena alimentare e arrivando sulle nostre tavole. Impressiona scoprire come la plastica possa attraversare le nostre barriere biologiche, ad esempio quelle di sangue e cervello, trasportando inoltre i contaminanti che ha assorbito lungo il percorso nell’ambiente circostante. Stiamo correndo un grande pericolo! Come possiamo interrompere il disastro? La Toscana ha mostrato di avere a cuore la salute dell’ambiente, approvando, prima in Italia, la legge che vieta l’uso di plastica monouso sulle spiagge, nei parchi e nelle aree protette. E noi, cosa possiamo fare nel nostro piccolo? Possiamo comprare prodotti freschi e con pochi imballaggi, evitare di gettare rifiuti a terra, fare la raccolta differenziata. Semplici cose, che possono diventare fondamentali per noi, il mare e per la Terra. Ogni giorno ciascuno di noi è in contatto con sostanze plastiche. Molti degli abiti sono formati da fibre sintetiche che devono garantire quelle caratteristiche alle quali nessuno di noi vuole rinunciare: resistenza, colori brillanti, elasticità e, sempre più, convenienza economica. Ogni volta che li laviamo, questi vestiti rilasciano particelle di plastica così piccole da non essere intercettate dai filtri delle lavatrici, finendo nelle acque reflue e poi nei fiumi e nei mari, contribuendo all’inquinamento. Queste particelle, dette microplastiche, hanno un diametro di grandezza compreso tra i 330 micrometri e i 5 millimetri. I vestiti però non sono i soli prodotti realizzati con queste sostanze, anche la cosmesi è coinvolto: dagli anni Novanta ha iniziato ad inserire microsfere plastiche nei detergenti per le mani, negli scrub, nelle creme, nei dentifrici, nei cosmetici e in molti prodotti per il corpo.