
Marmo, una proposta della Cgil per redistribuire ricchezza e lavoro
E’ una scia lunga di protesta, partita dal servizio di Report sulle cave di Carrara e dalle parole di Alberto Franchi, che sembra aver innescato una presa di coscienza più forte del passato se non sugli effetti ambientali dell’attività estrattiva quantomeno su quelli mancati a livello di indotto e di occupazione sul territorio. Milioni e milioni di euro che si riversano in poche tasche e lasciano al territorio meno di quanto prendono. La Cgil Massa Carrara non ha intenzione di mollare la presa e ora è passata a diffondere una nuova proposta per il lapideo direttamente sui ‘fronti di cava’, faccia a faccia coi lavoratori.
Ieri l’assemblea del sindacato con i lavoratori del bacino di Colonnata, "domani saremo a Fantiscritti e mercoledì a Torano – sottolinea il segretario Nicola Del Vecchio –. Continuiamo a chiedere una svolta capace di determinare un nuovo equilibrio che coniughi tutela dell’ambiente, redistribuzione della ricchezza, lavoro e sicurezza dei lavoratori. Le nostre richieste sono chiare: si riconsideri il rapporto addetti-escavazione e si applichi una tassazione in base alla qualità e al valore del materiale, approvazione immediata del regolamento sulla tracciabilità, perché serve trasparenza. Le aziende dimostrino di voler cambiare approccio e la smettano di rivolgersi ai tribunali, altrimenti ci dovremo chiedere i motivi per cui stanno impugnando, se non hanno nulla da nascondere. Approvazione del regolamento per le gare perché serve uscire dal ricatto occupazionale e per farlo bisogna che l’Amministrazione approvi il regolamento per le gare dove, come prima cosa, si preveda la presenza della clausola sociale in modo che tutti i lavoratori delle cave vedano garantito il proprio lavoro, indipendentemente da chi è il concessionario. Realizzazione della filiera e rispetto delle normative".
C’è un altro punto, fondamentale, per la Cgil Massa Carrara per il lapideo ossia l’attivazione della ‘cava scuola’: "Era un punto del l’integrativo provinciale che abbiamo ottenuto dopo 4 giorni di sciopero dell’intero settore e 2 manifestazioni cittadine. Le imprese devono assumersi l’onere di allestirla e di formare i futuri cavatori, perché il numero di occupati al monte è troppo basso e i ritmi di escavazione, come dimostrano il rapporto addetti/tonnellate escavate è insostenibile in molte realtà. Le aziende escano dall’arroccamento dimostrando lungimiranza e visione, cosa che purtroppo ad oggi è mancata, serve coraggio per costruire un nuovo equilibrio. Si apra subito un vero tavolo di confronto su questi temi".