
I 21 dipendenti della comunità terapeutica aullese preoccupati per la chiusura "Dimezzata l’età media degli ospiti: oggi è sui 20 anni. Sono persone fragili".
La “Tiziano”, sulla carta, è una comunità terapeutica con venti posti letto. Ma è molto di più: è un team formato da varie professionalità che lavora in sinergia per aiutare persone fragili, che spesso hanno alle spalle un passato doloroso e molte privazioni. Negli anni è diventata una struttura di eccellenza e la sua ipotizzata chiusura preoccupa. Sono pronti a lottare per difendere il servizio e il loro posto di lavoro i 21 dipendenti del gruppo La Villa. "Molti di noi – spiegano – lavorano qui da oltre dieci anni, fin dall’apertura, ci conosciamo da tempo e abbiamo sempre lavorato bene assieme. Siamo preoccupati per il futuro, il gruppo garantisce di impegnarci in altre strutture, ma non sarà la stessa cosa. Abbiamo una formazione specifica per lavorare qui che difficilmente può adattarsi ad altre strutture".
La Tiziano accoglie pazienti psichiatrici, uomini e donne visto che dispone di camere singole, di età compresa tra i 18 e i 65 anni, anche con doppia diagnosi o con misura di sicurezza. Il programma di inserimento prevede una durata minima di sei mesi e massima di 18, prorogabile. La comunità organizza attività diverse, laboratori, uscite e reinserimento lavorativo. "L’età media degli ospiti si è abbassata – racconta la responsabile Ericka Amadi - al mio ingresso qui, 16 anni fa, era di 40 anni, ora è dimezzata. Sono persone fragili, con storie difficili, di violenza o reati, e hanno esigenze particolari. Siamo un gruppo molto unito, il nostro non è solo un lavoro, nutriamo forte passione per quello che facciamo, spesso diventa una missione. Si creano legami con gli ospiti, che vedono in noi un punto di riferimento che in passato non hanno avuto. Abbiamo lavorato tanto, il gruppo ha creduto fin dall’inizio nel progetto, uno dei primi in cui ha investito. Per noi è drammatico pensare di concludere l’esperienza in questo modo, dopo i risultati ottenuti e il lavoro portato avanti negli anni".
Ventuno le persone impiegate, tra personale educativo, infermieristico, sociosanitario e ausiliario. Tutti la pensano allo stesso modo. "Non ci aspettavamo una cosa simile – aggiunge una dipendente –, per noi essere ricollocati equivale a un trauma, per la nostra formazione". "Io per prima ho imparato molto – dice la responsabile, riuscendo a stento a trattenere l’emozione – spero che dedizione, fatica, impegno non vengano spazzati via. Quello che mi ha insegnato questo posto non me lo toglierà mai nessuno, lo porterò dentro per tutta la vita".
Monica Leoncini