L’infanzia di Lucio Gigli rimasta sotto il fuoco della scuola di Bergiola

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"Avevo sette anni, ma ricordo ancora, lo sguardo del soldato tedesco che puntò il mitra verso di me". Il racconto della Memoria è di Lucio Gigli (nella foto), un testimone vivente dell’eccidio di Bergiola. "Un grido lo scosse, il commilitone che era dentro la casa, aveva scoperto il buco, dietro il mobile in cucina dove mio padre si nascondeva, per sfuggire ai rastrellamenti. Mia madre, in un gesto di disperazione, si chinò per proteggermi e fu colpita a una gamba, dalla raffica di mitra. Raus-Raus: scappammo verso le scuole, dove radunarono tutto il paese per poi compiere l’atto finale del massacro. Mia madre trascinava la gamba ferita, la scarpa piena di sangue, io stringevo tra le mani un martellino e un pezzo di pane, ultimi ricordi della mia infanzia felice, che per molti giorni, non volli più abbandonare, quasi a voler conservare l’ultimo appiglio a quel mondo che mi avevano cosi brutalmente strappato e che non avrei mai più ritrovato. La paura era tanta, si udivano grida di dolore da ogni dove. Corpi straziati seminudi ammucchiati lungo il corridoio, mia madre decise di non entrare e in un gesto di disperazione, ci gettammo lungo la scarpata, finendo dentro un fosso, fu la nostra salvezza. Un soldato tedesco passò a pochi metri, non so se ci vide, o non volle vederci, io chiusi gli occhi, tremavo, trattenevo il respiro. Dentro la scuola – prosegue Gigli – urla, fuoco, fumo. Poco dopo, silenzio di tomba, solo il rumore delle due camionette dei carnefici. In pochi attimi, Bergiola senza alcuna ragione fu distrutta. Persi la nonna e quattro zie. Adesso ho 84 anni e quando racconto questa favola, non riesco a fantasticare: ogni attimo è li, sempre vivo, come fosse ieri e spero di conservare lucidità per descriverla con precisione, senza pietà per gli aguzzini, mandanti ed esecutori. Ciò che mi spaventa della vita non è la morte ma dopo 78 anni non sapere ancora la verità".