
di Andrea Luparia
"E’ andata bene. Abbiamo però dovuto spegnere il forno e ci vorranno 10 giorni per scendere dagli attuali 1.600 gradi a una temperatura normale. Poi si faranno i lavori per sistemare la volta e si riaccenderà tutto". A parlare è Andrea Bordigoni, dipendente Sanac, uno dei pochi che ieri è riuscito a vedere (anche se non da vicino dato il calore) il tunnel dove Sanac “cuoce“ i mattoni refrattari che poi invia a Taranto, dove l’ex Ilva li usa per produrre acciaio. Con lui c’è Emanuele Manfroni, altro dipendente Sanac, ed entrambi parlano al giornalista nel parcheggio dello stabilimento, a pochi metri dal cancello d’ingresso. Dentro non si può entrare ma la situazione è tranquilla. Tanto che le maestranze hanno votato per il rinnovo della Rsu. Ma la scorsa notte in fabbrica il clima era diverso. A quanto racconta Bordigoni, durante il turno di notte, uno dei fuochisti che lavora alla produzione dei refrattari, si accorge che qualcosa non funziona. "I mattoni non entravano più nel tunnel dove vengono cotti – racconta Bordigoni – . Lui e gli altri del turno di notte hanno cercato di capire cosa stava accadendo e si sono accorti che la volta cedeva". L’allarme è scattato subito anche perchè l’ultima volta che era accaduto qualcosa di simile erano gli anni Ottanta.
Come prevedono le regole, è stato subito deciso di spegnere il forno e fermare la produzione. Sul posto poco dopo giungeva anche il direttore dello stabilimento. "Lorenzo Giacomelli, il nostro capo, è sempre presente – riconosce Bordigoni – è in fabbrica tutti i giorni". Nel giro di poche ore, sentiti lavoratori e sindacati, si decide che il forno dovrà fermarsi per essere messo in sicurezza ma i dipendenti del reparto non saranno messi in cassa integrazione. Saranno messi a lavorare i prodotti semilavorati. Perchè in Sanac c’è anche un secondo forno. "Ma non produce i refrattari per l’ex Ilva, serve per le rifiniture – spiegano Bordigoni e Manfroni – e dobbiamo far fronte alle commesse".
Per lo stabilimento massese è comunque un brutto colpo. Manfroni e Bordigoni non hanno dubbi a dire che il cedimento della volta del forno è stato causato dal continuo accendispegni di questi anni, quando la crisi ha rischiato di travolgere l’impianto massese. L’ex Ilva era ferma, altre commesse non arrivavano ed è stato necessario spegnere tutto. Ma quando arrivano nuovi ordini, si ripartiva riaccendendo tutto. Questo via vai non poteva non indebolire una struttura, costruita anch’essa con mattoni refrattari, nata per vivere a temperature altissime. Un colpo per uno stabilimento di cui oggi parlerà il sottosegretario Tiziana Nisini.
"Continuiamo a nutrire preoccupazione per il futuro del gruppo – scrive Nicola Del Vecchio, dirigente Cgil – , se da un lato stiamo assistendo all’aumento del carico di lavoro, ad oggi non abbiamo nessuna certezza sul futuro e le notizie che giungono da Taranto sono preoccupanti. All’ottimismo della volontà sbandierato da altre sigle sindacali noi purtroppo contrapponiamo il pessimismo della ragione. Sono anni che denunciamo la mancanza di manutenzione e oggi ci troviamo costretti a spegnere un forno per settimane a causa del rischio di caduta della volta. In più a fine mese scade la fidejussione di Arcelor Mittal e oggi l’unica convocazione pervenuta è per il 29 marzo dal nuovo Ad di Sanac, Rosario Fazio, ma dal governo tutto tace. Ci auguriamo che la sottosegretaria al lavoro si faccia portavoce delle nostre preoccupazioni col Ministro Giorgetti e si affronti il tema del futuro dell’acciaio e di conseguenza del futuro di Sanac".
Anche l’onorevole Martina Nardi (Pd) attacca: "E’ sempre utile che esponenti del governo visitino le aziende del nostro territorio, ma il ministero del Lavoro non è quello giusto perché non ha competenze sulle crisi industriali. E’ il ministero dello Sviluppo Economico quello competente".