
La memoria per fare memoria nel nome di un futuro condiviso e possibile. Nel nome della pace, senza dimenticare quello che è stato. I numeri, espressi in date di nascita, non c’è bisogno di tradurli. Flavio 1942, Rita 1941, Mauro e Giuseppina 1940, Luigi 1939 e così via per tutti gli altri: sta a significare che quel 19 agosto 1944 erano bambini di due, tre, quattro e cinque anni quelli uccisi nella piana di Valla dalle SS del maggiore tedesco Walter Reder. Si irrigidiscono nel leggere quell’interminabile fila di nomi, gli studenti dell’Hermann Bose Gymnasium di Brema. Sono giunti fin qui, alla Fattoria di Valla nella campagna di San Terenzo Monti nel fivizzanese: un luogo di dolore, passato alla storia come teatro di una delle più efferate stragi naziste nel nostro Paese, unitamente ad un gruppo di coetanei dell’Istituto Parentucelli-Arzelà di Sarzana. Si sono incontrati nel nome di Rudolf Jakob, capitano della Marina tedesca passato durante la sua permanenza in Italia nel secondo conflitto mondiale fra le fila della Resistenza, unendosi ai partigiani della Brigata Muccini, nei monti sopra Sarzana. Rudolf Jakob era anch’egli cittadino di Brema e a suo tempo studente nello stesso Istituto. Nel novembre 1944 aveva trovato la morte proprio a Sarzana, dov’è tuttora sepolto, in un assalto al locale comando delle Brigate Nere.
La visita degli studenti tedeschi e dei loro coetanei italiani, ha inizio di fronte al cippo del Ponte del Bardine, il luogo dove il 17 agosto del 1944 un gruppo di partigiani – su richiesta di alcuni abitanti della zona – attaccò un plotone di SS venute a razziare bestiame, uccidendone 16. E’ da lì che si snoda la tragedia, che comporterà due giorni più tardi la morte di 160 civili innocenti per la maggior parte donne, bambini e anziani del paese.
E nel Museo della cultura della memoria, dopo aver visionato le terribili foto dell’epoca – mute testimonianze di montagne di cadaveri e di corpi oltraggiati – dopo aver ricordato l’odissea dei sopravvissuti, dei familiari scampati al massacro, c’è stato modo di interloquire con gli ospiti. E’ il momento in cui viene chiesto alle due docenti di Brema, che hanno accompagnato gli studenti in questo importante viaggio, di commentare ed esprimere le loro impressioni ricavate da una tale e non facile esperienza.
Christine Stangl è la vicepreside del Bose Gymnasium ed è giunta qui assieme a Louisa Lutjen, docente di storia dell’Istituto: "E’ bene intanto – propone l’insegnante – che si pronuncino gli alunni". Ed è Lily, una ragazza con gli occhiali cerchiati la prima a parlare: "Ero preparata, sapevo cosa avrei trovato nel venire qui – afferma la giovane tedesca – ma quello che non sapevo e che mi fa star male è il fatto che siano stati uccisi indiscriminatamente anche i bambini. Questo è un particolare che non conoscevo assolutamente ma che trovo angosciante". "Certamente, è solo visitando questi luoghi che si può avere l’esatta percezione di quanto è accaduto – dice da parte sua Simeon, compagno di classe di Lily – Sentendo queste testimonianze, vedendo questi luoghi, consultando foto e documentazioni ci si può fare un’idea di quanto terribile sia stato il passato nei vostri paesi. E il fatto poi che siano stati uccisi indiscriminatamente anche i figli piccoli… questo è proprio inconcepibile!".
La vicepreside ascolta attentamente, poi con la voce bassa sussurra: " Sono a disagio – confida la Stangl – davanti a queste realtà, una cosa che mi rattrista, che mi fa star proprio male…". La signora non ha alcuna colpa, lo sa. "Provo una grande vergogna per il mio Paese".
Roberto Oligeri