
Laetitia Ky, le battaglie nei suoi capelli
Con i suoi capelli ha affermato diritti, difeso le donne, abbattuto tabù, lottato contro soprusi. E stata l’astro nascente dell’ultima Biennale di Venezia, su di lei un docufilm alla Berlinale. Laetitia Ky è un’artista femminista della Costa d’Avorio e crea sculture con i suoi capelli. Un manifesto internazionale che fra le sue visite ha messo in conto una tappa in città, grazie alle amiche di Spazio Alber1ca. Così mercoledì alle 18 l’artista ivoriana sarà ospite d’eccezione al San Giacomo per raccontare un’arte che nasce dal corpo, allestimenti che partono dai suoi capelli, acconciature afro che gridano al mondo scandali e ribellione.
Laetitia Ky è una stella nascente della body art impegnata, un’attivista che ha trasformato la sua capigliatura afro in un simbolo e in un potente strumento di comunicazione. Nata nel 1996 dopo la laurea in Economia, abbandona il mondo del management per dedicarsi alle sculture usando proprio i suoi capelli, acconciati con fil di ferro, cere e corde per dare vita a disegni via via sempre più impegnati. I suoi capelli sono diventati un uomo che solleva la gonna a una donna e un braccio ricoperto di muscoli per sensibilizzare su molestie e bullismo, di cui lei stessa è stata vittima. Ancora, nel 2019 è toccato a una scultura che riproduceva un utero con le tube di Falloppio che mostravano il dito. Così direttamente dal successo alla Biennale di Venezia, protagonista dell’unico film italiano in concorso al Festival di Berlino “Disco Boy”, del regista Giacomo Abruzzese, grazie al curatore Alessandro Romanini, docente all’Accademia di Carrara, Laetitia Ky sarà in città per ribadire i diritti delle donne e raccontare le sue opere.
Il femminismo è da sempre una delle sue fonti di ispirazione, soprattutto il Movimento MeToo. Le sue produzioni artistiche, fotografie e dipinti, hanno talvolta come soggetto la stessa artista, il cui corpo diviene supporto e strumento di rivendicazione identitaria in un percorso di ricerca e affermazione delle varie declinazioni dell’identità femminile a confronto con un continente ricco e complesso come quello africano. Ispirandosi al mito di Medusa, estremamente radicato nella cultura occidentale, mette in posizione centrale l’identità femminile, misurandosi anche con la necessità impellente di vedere riconosciuti i diritti minimi della donna, nell’ambito di un contesto culturale fortemente maschilista. Per partecipare e prenotare un posto contattare Spazio Alber1ca.