Giulia Frigerio
Cronaca

La resilienza nella pittura La quarantena di Mehiar

L’artista siriano racconta i suoi giorni a capofitto nella creatività "I pensieri negativi superati con il disegno. Opportunità per la consapevolezza"

Continua il racconto della quarantena degli artisti residenti in città. Il dialogo con Mehiar Malla Ali, originario di Damasco, tocca la nozione di libertà, ragionando sull’individualismo tipico della società moderna e la necessità di assumere una prospettiva globale, perché "Siamo tutti qui" nella medesima situazione del resto del mondo. Diviso fra la Siria e l’Italia Mehiar dimostra quanto sia importante andare oltre il particolare per raggiungere una consapevolezza maggiore di sé e della realtà esterna, con empatia e resilienza.

Come ha reagito all’imposizione del lock-down?

"L’idea di quarantena è una privazione della libertà. Ciò che davamo per scontato ci è stato tolto. A primo impatto mi è sembrata una nuova prova da superare. Ho capito che aveva una dimensione globale e l’impulso è stato di calmare il ritmo della vita di tutti i giorni. Nessuno vuole avere una libertà limitata. Per questo ha imposto uno sforzo per mantenere le cose buone e migliorarne la qualità, come empatia, compassione e maggiore solidarietà fra le persone".

Che cosa ha trasferito nelal sua arte?

"Quando è cambiato il ritmo della città sapevo di dovermi buttare sul disegno, per evitare pensieri negativi. L’arte è un linguaggio universale, mentre disegnavo tutto poteva essere possibile. È il linguaggio dello spirito, in cui il sentimento non è limitato dalla logica. Nell’arte non c’è bisogno di usare un codice convenzionale. Mi sono dedicato a vivere, con il disegno, una storia fantastica, che attraverso il suo linguaggio universale potesse rappresentare il desiderio di uscire, muoversi e tornare nella natura, in un pianeta che grazie a questa pausa si sta come auto-pulendo, per concludere con la possibilità di poter viaggiare nello spirito (i disegni tratti dalla storia si possono trovare sulla pagina Instagram: "path.towards.freedom").

Che insegnamento ha tratto dalla pandemia?

"Possiamo vedere la situazione come un’opportunità per raggiungere una maggiore consapevolezza sociale, in modo da affrontare la realtà esterna insieme e non più in una dinamica esclusivamente individualista. Potrebbe crearsi una nuova visione anche a livello personale, una prospettiva differente in grado di offrirci davvero la possibilità di scegliere e non solo l’illusione di poterlo fare. Una scelta più consapevole, precisa e curiosa anche, che ci permetta di riflettere in senso globale perché siamo tutti nelle stesse condizioni. E visto che siamo nell’età dell’informazione possiamo usare la memoria elettronica in modo da non far ripetere in futuro quello che sta accadendo oggi".

Ha avuto un momento di crisi? "La difficoltà più grande è stata quella di non sapere quando poter uscire e viaggiare ancora. Parte della mia famiglia vive ancora a Damasco, dove ho passato diverse estati prima che la situazione si aggravasse. Vedo Carrara come una città diversa adesso e spero che la situazione attuale aiuti a far sviluppare una consapevolezza educativa volta al miglioramento".

Quanto si sente cambiato? "Se non si cambia non si migliora e la percezione della realtà esterna non evolve. Ho affrontato la guerra in Siria e la pandemia in Italia: cammino insieme ai valori tradizionali del mio paese, col desiderio di mantenere e conservare ciò che è buono per poterlo espandere in un senso più ampio a tutto il mondo, mentre dall’Italia ho appreso il senso della bellezza, che permette di comprendere ciò che si trova oltre le apparenze".