Incubo marmettola Le indagini di Arpat Scatta il tracciamento delle acque montane

Assicurazioni della responsabile provinciale Licia Lotti al convegno Cai. Intensificati i controlli alle cave per isolare le eventuali perdite. "Obiettivo capire quanto materiale transita in un singolo punto".

Incubo marmettola  Le indagini di Arpat  Scatta il tracciamento  delle acque montane

Incubo marmettola Le indagini di Arpat Scatta il tracciamento delle acque montane

L’inquinamento da marmettola nelle sorgenti e nei corsi d’acqua delle Alpi Apuane resta una delle priorità di Arpat. Lo ha assicurato la responsabile del dipartimento provinciale, Licia Lotti, in occasione del convegno organizzato dal Cai Toscana alla Torre Marina di Massa. Grazie al progetto speciale cave concluso nel 2021 è stata creata una rete di centraline di monitoraggio all’interno del complesso delle Apuane che segnala i casi di torbidità delle acque e l’intenzione dell’Agenzia è di potenziare e sviluppare i sistemi di controllo: "Gli obiettivi adesso – ha detto Lotti – sono quelli di rendere strutturale la rete fin qui implementata, realizzare le curve di portata e correlarle con l’altezza idrometrica in modo da poter calcolare la quantità di marmettola che transita in ogni punto analizzato, studiare la possibilità di eseguire dei tracciamenti dalle cave alle sorgenti, un’operazione che risulta in realtà molto complessa per via della struttura del territorio, ed infine arricchire le stazioni esistenti con altre sonde in grado di fornire dati diversi".

Nell’ambito del progetto speciale cave, Arpat ha infittito i punti della rete regionale di monitoraggio delle acque esistente, in modo tale da ‘circondare’ il massiccio apuano e cercare di misurare l’impatto dell’attività estrattiva, possibilmente isolandola da altre pressioni. "Il maggiore determinante nella zona in questione è senza dubbio l’industria estrattiva – sottolinea Arpat nel suo resoconto - le cui pressioni consistono principalmente nella produzione, e rilascio in ambiente, di materiale fine residuo delle attività di taglio, dei rifiuti a volte abbandonati, del traffico di mezzi pesanti". "Tra le finalità del monitoraggio - spiega Lotti - c’è il tentativo di stimare le quantità di materiale fine che, attraverso gli acquiferi sotterranei, giungono alle sorgenti e stimare come le continue modifiche dell’ambiente esterno, in termini di modifica delle pendenze, della permeabilità, delle connessioni, possano ripercuotersi sulla qualità e quantità delle acque sorgive". Tutti i dati raccolti, in continuo o puntuali, sono organizzati in un sistema informativo e sono disponibili tramite il sito Web del Sira. Sono stati quindi implementati un "sistema di segnalazione degli episodi di torbidità anomala dei fiumi e una specifica metodologia denominata Omnia, ovvero un sistema di allerta istantaneo che permette di effettuare previsioni sugli aumenti di torbidità nei corsi d’acqua, in funzione delle piogge che avvengono nell’area e di evidenziare gli eventi anomali", interrogabile da remoto. Resta il problema di risalire ai soggetti colpevoli dell’inquinamento. Su questo fronte Arpat nel piano triennale approvato prevede un "monitoraggio delle fratturazioni anche attraverso l’uso di traccianti, tenendo conto delle caratteristiche degli acquiferi carsici per consolidare le correlazioni fra eventi atmosferici e torbidità rilevata, testando la metodologia individuata su bacini estrattivi o parti di questi, verificando lo stato delle sorgenti impattate, i tempi necessari al manifestarsi degli eventi, e correlando i test, per quanto possibile agli eventi meteorici".