"Il paradiso è dentro di noi, basta cercarlo"

Simone Cristicchi porta a Massa il suo spettacolo ispirato al terzo libro della Divina Commedia. "Vi racconto il mio viaggio personale"

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di Ludovica Criscitiello

Ognuno di noi è alla ricerca del suo paradiso. Per Simone Cristicchi, artista romano poliedrico, e vincitore del Festival di Sanremo 2007 con il brano “Ti regalerò una rosa“, il paradiso va cercato dentro di noi, alla fine di un lungo viaggio ricco di insegnamenti che, in fondo, altro non è che la nostra vita. È questo il messaggio del suo spettacolo teatrale “Paradiso. Dalle tenebre alla luce“, scritto in collaborazione con Manfredi Rutelli, che andrà in scena al Teatro dei Servi domani sera alle 21. Un percorso interiore guidato dai versi del terzo libro della Divina Commedia, quel paradiso dove Dante alla fine incontra la sua Beatrice e in un certo senso soprattutto la pace.

Dalle tenebre alla luce. C’è qualche assonanza con il suo vissuto?

"Sì certo, appartiene a me come a chiunque. La vita di ognuno di noi è un viaggio che parte dall’oscurità, dalla confusione, da questo stato di sospensione per arrivare, alla fine di tutto, a incontrare la chiarezza, la luce. Non sono un nichilista, ma mi piace pensare che in ogni persona si nasconda questa nostalgia del paradiso".

Possiamo dire che è stato ispirato un po’ dalla situazione che stiamo vivendo?

Sicuramente ha influito su di me dal punto di vista creativo perché ho utilizzato quel tempo sospeso per fare una ricerca ed è stato anche questo che mi ha portato a scrivere il mio libro “Alla ricerca della felicità“.

Ma Cristicchi ci crede nel paradiso?

Assolutamente sì però io penso che sia più una condizione interiore che ultraterrena. Molti pensano che il paradiso venga dopo la fine della nostra vita. Io trovo un po’ deresponsabilizzante questo modo di pensare, nel senso che in quanto esseri umani dovremmo avere cura del mondo dove viviamo perchè è anche quello il nostro paradiso. E invece non facciamo altro che distruggerne la bellezza e avvelenarlo.

Come è strutturato lo spettacolo?

Ho alternato monologhi e musica con un solo attore in scena, conservando un ritmo equilibrato e calibrato. Tra i brani ci sono anche canzoni inedite dal maestro Valter Sivilotti, un mio collaboratore storico con cui ho scritto diversi spettacoli musicali, il più conosciuto è Magazzino 18. Sul finale si arriva al 33esimo canto del Paradiso che contiene anche una delle mie frasi preferite della Divina Commedia: “Ma già volgea il mio disio e ‘l velle, si come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle”, citazione che fa riferimento a quella forza vitale che muove tutto e che è l’amore.

A proposito di Dante lei ha detto che è stato il primo libro che ha rubato da piccolo. Quante volte ha riletto la Divina Commedia?

Non tante volte in realtà, però quando l’ho dovuta studiare a scuola mi sono soffermato sulle parti più conosciute. Per questo spettacolo, invece, sono andato ad approfondire il Paradiso perché è strettamente collegato alla ricerca della felicità di cui parlo nel mio ultimo libro. Qui io non spiego il paradiso, ma racconto ciò che quest’opera ha generato in me, quindi è una confessione sul mio viaggio personale.

Come si è approcciato al teatro?

Nel 2006 c’è stato il primo spettacolo “Centro di igiene mentale“, il primo monologo invece arriva nel 2010 intitolato “Li Romani In Russia - Racconto di una guerra a millanta mila miglia“. Devo ringraziare il mio primo maestro Alessandro Benvenuti che mi ha insegnato il monologo con più voci. E poi Antonio Calenda grazie al quale ho imparato come entrare nel personaggio. Infine il grande successo con il musical “Magazzino 18“.

Il ritorno sul palco dopo il Covid come è stato?

Un’emozione grandissima. Ricordo questo particolare di un applauso lungo che però c’è stato all’inizio, quando invece in genere c’è il silenzio dell’attesa.