REDAZIONE MASSA CARRARA

Il dottor Alberti racconta i suoi 40 anni di lavoro

Il noto medico di famiglia il primo luglio andrà in pensione. "Ma come punto di riferimento ci sarò sempre"

Il prossimo primo luglio è una data importante per il dottor Francesco Alberti, originario di Fivizzano, medico di famiglia nella zona di Fosdinovo e della Vallata del Bardine: "E’ il giorno in cui, per raggiunti limiti anagrafici, andrò in pensione e mi troverò a sfogliare una pagina della vita nuova, alla quale dovrò abituarmi. Ho iniziato la professione il primo gennaio 1978. Mi mi trasferivo nel borgo di Tendola - racconta il sanitario- ero poco più che un ragazzo e mi era stato affidato l’incarico di medico di condotta per Tendola, altre borgate a monte del Comune di Fosdinovo e nei paesi di San Terenzo e Bardine in Comune di Fivizzano. Sostituivo il dottor Giovannini, anch’egli fivizzanese, e sono ormai 44 anni di servizio". Che ricordi ha degli inizi come medico in una borgata di montagna?- "Vivevo in una casa del centro storico di Tendola, dove non c’era il telefono - prosegue Alberti - si può dire che nessuno allora l’aveva. Per le urgenze, anche in piena notte, veniva a svegliarmi il titolare del tabacchino del paese,che aveva il posto di telefono pubblico. Suonava il campanello, magari alle 2 di notte, c’era d’andare d’urgenza a S. Terenzo o più lontano, a Marciaso o Posterla. artivo con la mia vecchia 500 gialla, con neve, ghiaccio, pioggia". Che rapporto è nato in tanti anni con i suoi pazienti? "Di stima, fiducia reciproca; specie nei paesi abitati soprattutto da anziani, non ero solo “il dottore“ ma anche “Francesco“. Non si rivolgevano a me solo per essere curati, ma perchè spiegassi il significato di certe lettere e comunicazioni importanti che avevano ricevuto, di me si fidavano e chiedevano consigli. Sotto il profilo umano, oltrechè professionale è gratificante". Questi due anni con la pandemia? "Sono stati molto faticosi: ricevevo 120, 130 telefonate il giorno, le Istituzioni non si rendevano conto di che vita da trincea era riservata ai medici di famiglia. Non so come ringraziare Antonio Moriconi, infermiere volontario. Grazie a lui durante la pandemia siamo riusciti a portare i vaccini fra la gente; Moriconi è stato ed è un grande". Sul fatto che i pazienti dovranno recarsi ai Cup per scegliere nuovi medici, la sua voce si incrina al pensiero che le persone più “fragili“ che con lui avevano un rapporto di fiducia, troveranno difficoltà ad aprirsi con professionisti mai visti: "Comunque - si confida - come punto di riferimento, ci sarò sempre".

Roberto Oligeri