REDAZIONE MASSA CARRARA

Il bambino al Meyer per una visita Ma il padre deve rimanere fuori

La denuncia di Marco Lenzoni che ha portato il figlio, colpito da una malattia rara, all’ospedale fiorentino "Mi è stato vietato di entrare per problemi di contagio. Però allo stadio e in discoteca si può andare"

Si può andare allo stadio, ci si può accalcare ormai dovunque. Ma guai al padre che vuole stare accanto al figlio piccolo di sei anni, peraltro soggetto fragile, durante una visita in ospedale assieme alla madre: vietato, nella maniera più assoluta. Eppure ci sono le mascherine, i guanti, i vaccini, i numeri dei contagi e dei decessi dimostrano una pandemia sotto controllo tanto che lo stesso Governo avrebbe annunciato la fine dello stato di emergenza il 31 marzo. Eppure quel padre deve ancora aspettare fuori. Scene di straordinaria follia e a denunciare l’ennesimo caso è un professionista del settore, Marco Lenzoni, infermiere che lavora a Pontremoli, 30 anni di carriera, delegato sindacale area Asl Toscana Nord Ovest e responsabile sicurezza sul lavoro della Asl. Lo fa con una lettera inviata all’assessore alla sanità della Toscana, al direttore sanitario dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze dove si è verificato il fatto e al sindaco di Pontremoli. "Mio figlio ha sei anni ed è affetto da una malattia rara – racconta -. Il primo marzo con la mia famiglia ci siamo alzati alle 4 di mattina per essere al Meyer in orario per il periodico day hospital al centro delle malattie metaboliche: 100 euro per andare e tornare perché nella nostra provincia per la malattia di mio figlio non esiste niente". Prima di partire Lenzoni aveva contattato la segreteria delle malattie metaboliche per chiedere, dopo due anni di restrizioni, di poter stare accanto al figlio durante quella mezz’ora di visita. Niente da fare. "Le restrizioni continuano ad essere le stesse di marzo 2020 quando non c’erano mascherine, quando avevamo una variante molto più aggressiva e nessuno era vaccinato. La sanità e il governo sono rimasti nel passato nei confronti dei bambini e degli adulti malati o disabili, ma per quanto riguarda il divertimento è già nel futuro, decine di migliaia di persone fanno assembramenti ovunque, negli stadi, nelle manifestazioni, al carnevale o a ballare in discoteca". Ma in ospedale non si entra, nonostante la richiesta del padre, il desiderio del bambino e pure il beneplacito della dottoressa che lo cura. Anzi, di fronte alle rimostranze, l’infermiere apuano è stato trattato "come fossi un disturbatore, nessuno ha avuto una parola di conforto o di comprensione, mi sono ritrovato circondato da guardie, sicurezza e polizia. Sono due anni che rimango fuori nel parcheggio con la neve, la pioggia, i temporali il sole cocente a giornate, dalle sette di mattina alla sera, per mesi non c’era nemmeno una tettoia, un bagno". Un posto che si paga pure a prezzo salato: "In due anni – prosegue - non avete pensato a creare un’area idonea per i familiari all’esterno, conosco famiglie che hanno dovuto comprare un camper per stare vicini ai loro bambini ricoverati. La misura è colma, per noi genitori questo è il limite". E non basta che l’accesso sia consentito a uno solo dei genitori: "Perché i genitori sono due, genitori è una parola plurale e non si può privare un bambino del diritto di averli accanto entrambi". Lenzoni promette battaglia: "Con mia moglie e altri familiari di persone disabili e non autosufficienti abbiamo deciso di sporgere regolare denuncia nei confronti della Regione Toscana per le continue e ingiustificate limitazioni che vanno a ledere gravemente i diritti dei malati, dei bambini e dei genitori come nel caso degli ospedali pediatrici. Limitazioni vanno ad inficiare sui risultati delle terapie e sulla salute dei bambini e di tutti i malati e non auto sufficienti".

Francesco Scolaro