REDAZIONE MASSA CARRARA

I primi trent anni di don Raffaello Piagentini al duomo di Carrara

Marmo, povertà, fedeli: il parroco si racconta

Don Raffaello Piagentini

Carrara, 18 novembre 2016 -  Si considera un umile servitore di Dio. Sta di fatto che in questi 30 anni, don Raffaello Piagentini, di cose dal pulpito ne ha dette per mettere in guardia i suoi fedeli e per consigliere la strada maestra. Festeggia tre decenni di sacerdozio nel nostro duomo il 79enne sacerdote originario della Garfagnana. «Cosa ricorderò di questi trent’anni in duomo? La schiettezza dei carrarini, mi ha aiutato tanto».  A sorpresa, il sacedote, conosciuto per la sua grande foga e partecipazione ai problemi della città, quando parla di lui diventa pacato, quasi timido. «Sono un umile servitore di Dio, non vedo cosa potrei raccontarvi di tanto speciale», esordisce. Don Raffaello è stato inevitabilmente un testimone del tempo che passa per la nostra città. «Da quando sono arrivato, posso dire che sto assistendo a una città, la nostra, che sta morendo lentamente. Nel primo anno in duomo registraì 50 battesimi l’anno e altrettanti decessi. Arrivati a oggi chi se ne va non viene più rimpiazzato. C’è una denatalità spaventosa. Anni fa, per provocazione, chiesi a un assessore di fare il chierichetto da me, per vedere la situazione del centro storico: case vuote, sfitte. I pochi giovani rimasti emigrano sul litorale, il centro aveva 7mila persone, oggi siamo rimasti davvero in pochi».  

Don Raffaello, arrivò al duomo nel 1986: nel corso del suo ministero ha celebrato 1200 funerali, 600 battesimi e sposato 540 coppie. Nel corso di questi trent’anni don Raffaello ha visto passare 8 sindaci. Alla politica dà un consiglio: «Se fai qualcosa, falla come se ci fosse qualcuno a guardarti sempre». Inevitabile chiedergli del marmo: «Abbiamo l’oro bianco e la nostra provincia è tra le più povere. La condivisione della ricchezza è una mia battaglia da tempo. Le nostre montagne sono massacrate: basta andare a Campocecina per accorgersene. Io li chiamo satrapi e marpioni, quelli che sfruttano questa risorsa senza fare una lavorazione il loco». La povertà: «Ci sono famiglie che non arrivano alla fine del mese, ho molti anziani in queste condizioni. Ma anche qui Carrara insegna: molti donano cibo e addirittura alcuni negozi portano il non venduto per i meno fortunati». Tra i ricordi più commoventi di questi trent’anni, don Raffaello ricorda commosso i funerali che anche lui ha avuto grande difficoltà a fare, come quelli dei giovani, morti prematuramente per incidenti o malattie, o quello del maresciallo Antonio Taibi, il carabiniere ucciso il 27 gennaio davanti casa sua da un colpo di arma da fuoco. Ma anche positivi: «I carrarini mi hanno aiutato tanto da quando vennì al duomo da Cinquale. Loro mi hanno sempre parlato con grande chiarezza: mio unico rimorso è stato quello di non aver sempre dato il massimo per loro».

Alfredo Marchetti