REDAZIONE MASSA CARRARA

Dickens e il tour in città . I racconti di Lucinda. La nipote dello scrittore ospite della Fellowship

L’autore inglese amava il nostro vino, ma non il cibo: ’solo maccheroni’. Una rassegna di incontri in piazza Alberica organizzata da Marzia Dati .

L’autore inglese amava il nostro vino, ma non il cibo: ’solo maccheroni’. Una rassegna di incontri in piazza Alberica organizzata da Marzia Dati .

L’autore inglese amava il nostro vino, ma non il cibo: ’solo maccheroni’. Una rassegna di incontri in piazza Alberica organizzata da Marzia Dati .

Grande successo per gli incontri promossi dalla Dickens Fellowship. La nipote del grande scrittore Lucinda Hawksley Dickens, presidentessa dell’associazione internazionale, ne è rimasta particolarmente colpita nel suo soggiorno in città di questi giorni, ospite del sodalizio presieduto da Marzia Dati.

Qual è la missione della Dickens Fellowship?

"Dal 1902 è quella di promuovere non solo l’opera letteraria dickensiana, ma soprattutto la sua etica e la sua morale".

Perché è importante leggere Dickens ancora oggi?

"Per il suo interesse verso l’umanità. È stato uno scrittore politico e impegnato che ha lasciato un senso di speranza per un futuro migliore, combattendo contro ogni forma di ingiustizia sociale. E poi c’è l’aspetto della sua grande maestria di scrittura, delle sue storie, dei suoi personaggi, che ancora oggi aiutano a staccarsi dalla realtà e viaggiare nei mondi che ha creato".

Quali sono le opere strettamente attuali?

"’Canto di Natale’, per esempio. C’è infatti il tema della povertà, ancora molto diffuso. Ha descritto storie di redenzione, di salvezza, con una sorta di ottimismo di fondo che pervade tutta la sua opera. Un altro tema importante è quello della violenza domestica, affrontato in ’Grandi speranze’ o ’La bottega dell’antiquario’".

Che relazione c’è tra Dickens e Carrara?

"C’è grazie a Marzia Dati, che ha fondato la primissima Dickens Fellowship in Italia. Questa sede ha molti giovani al suo interno ed è fondamentale incoraggiarli a leggere Dickens, ma anche, più in generale, a far parte di una comunità. Parlavamo : prosegue la nipote dello scrittore immortale – proprio poco fa di come, per molte persone, questa sede rappresenti una parte importante della loro identità e vita sociale".

Dickens ha scritto qualcosa durante il suo soggiorno italiano?

"Quando arriva nel 1844, è in un momento di grande stanchezza e depressione. Ha bisogno di luce, di sole, di un clima diverso da quello grigio e nebbioso di Londra. Durante l’anno che trascorre in Italia, non scrive romanzi, ma si dedica al secondo dei suoi racconti di Natale, ’Le Campane’, che compone a Genova. Oltre a questo, scrive molte lettere, piene di osservazioni su luoghi, persone e abitudini: sono queste le basi del suo resoconto di viaggio ’Pictures from Italy’, in cui racconta anche il soggiorno a Carrara".

Perché così tanti artisti anglofoni sceglievano l’Italia?

"In parte per il clima, certo. Ma anche per motivi economici. E poi c’era la luce, i colori, l’ispirazione, basta guardarsi intorno: se sapessi dipingere, immortalerei ogni cosa che vedo. I colori sono incredibili e il cielo è spesso azzurro per la maggior parte dell’anno. Quando Dickens arrivò, stava attraversando un periodo difficile: aveva il conto in rosso e non riusciva a pagare l’affitto. Gli conveniva affittare la sua casa londinese e prenderne una qui. Una curiosità: Dickens amava il vino italiano, ma non il cibo. Si portò dietro la sua cuoca personale, lamentandosi che qui c’erano solo ’maccheroni’. Mi fa sorridere, perché oggi tutti amano la cucina italiana, ma all’epoca sembrava qualcosa di strano".