Centinaia sui monti per ’salvare’ le Apuane "Sono gli industriali a non parlare con noi"

Tiene banco lo ’scontro’ fra ambientalisti e cavatori. Il Cai: "Un clima di odio alimentato dalle istituzioni. Noi siamo per il dialogo"

L’ultima manifestazione per salvare le Alpi Apuane dall’attività estrattiva ha richiamato domenica centinaia di persone in montagna. Oltre 350 secondo l’associazione Apuane Libere, principale organizzatrice dell’iniziativa con la collaborazione più di 20 associazioni ambientaliste. Non tutto è andato secondo le previsioni: lungo la strada per il Corchia e al passo Sella ci sono stati infatti due episodi spiacevoli: le aggressioni nei confronti del responsabile di Legambiente Versilia e del presidente di Apuane Libere. Uno scontro perlopiù verbale ma comunque da condannare. "Clima di odio alimentato proprio dalle istituzioni che avrebbero dovuto stemperare – sottolinea l’associazione Apuane Libere -. La responsabilità morale di quanto è successo è da ascriversi al clima di tensione che organizzazioni come la Cosmnave e partiti come il Pd e Forza Italia hanno ingenerato nei giorni precedenti". C’è chi rappresenta una voce più istituzionale nel panorama delle associazioni ambientaliste - ed è il presidente del Cai di Massa, Paolo Marcello Simi_ "Ci sono alcune zone in cui lo scontro è più aperto. C’eravamo anche noi a dimostrare su 3 cime, Tambura, Folgorito e Focoraccia, in piena tranquillità. Noi siamo per l’ambiente anche se non siamo estremisti e siamo disposti al dialogo. Sono gli industriali che non vogliono parlare con noi perché prima chiediamo una cosa ben precisa: mettersi in regola con le normative. E’ inutile fare le contromanifestazioni quando sanno benissimo che ci sono aziende che fanno cose irregolari. Sono loro ad alimentare lo scontro fra operai e ambientalisti Le cave non le chiudono gli ambientalisti: le chiudono Arpat e il Parco quando non rispettano le normative. Se getti la marmettola nelle cavità carsiche, se inquini le sorgenti la legge ti fa chiudere". Su questo aspetto Simi è chiaro: "Chiediamo di non aprire nuove cave o riaprire quelle chiuse in area Parco. Noi non siamo contro i lavoratori, al massimo chiediamo di convertire l’economia perché la montagna non è solo cave: basta vedere cosa sta accadendo con la Vandelli, in 3 o 4 mesi sono passate da lì circa 5mila persone. Lo ripetiamo: se vogliono il dialogo, prima applichino la normativa poi si può discutere di tutto. Il mondo sta cambiando, basta vedere cosa accade a Taranto". Sullo scontro fra cavatori e ambientalisti interviene anche Eros Tetti di Salviamo le Apuane: "Appoggiamo tutte le battaglie a favore delle Apuane ma oggi siamo convinti in modo chiaro che le cave si chiudono solo con la politica e con l’economia. Finché ci saranno leggi che ammettono e legalizzano l’escavazione, chi scava farà una cosa legale e legittima. Finché non ci sarà un’alternativa economica le cave non chiuderanno". A fianco degli imprenditori l’onorevole Umberto Buratti che ha partecipato ai presidi alle cave di Levigliani e sul Monte Altissimo: "E’ necessario che gli imprenditori del lapideo, i lavoratori e le loro famiglie, tutto l’indotto, vengano rispettati: sono intollerabili le offese che si leggono sui social da parte dell’associazione Apuane Libere. Non è con le offese o con le accuse infondate che si affrontano i problemi ma attraverso il confronto e il dialogo".

Francesco Scolaro