EMMA TRAVERSI
Cronaca

Le api e la sfida del clima: "Caldo e freddo anomali stressano gli insetti. E c’è la vespa velutina"

L’esperienza di Ferti sul campo: "Gli alveari sono sempre più deboli”. In 10 anni la produzione è dimezzata e sono aumentati i parassiti

Un apicoltore

Lunigiana, 7 marzo 2024 – La mimosa è simbolo della Festa delle Donne, è sempre stato un fiore di marzo, scelto apposta per questo. Ad un osservatore anche distratto non sarà sfuggito che da circa venti giorni colora i giardini con il suo giallo intenso e caratteristico, il sole caldo delle prime settimane di febbraio l’ha fatta fiorire, prematuramente.

Un evento così singolare, che potrebbe sembrare marginale, è tuttavia un’onesta rappresentazione degli effetti del cambiamento climatico: settimane primaverili in pieno inverno e fredde gelate a marzo, estati prolungate per mesi. Quando il caldo ha avviato la fioritura anche le api hanno cominciato a lavorare e cariche di polline giallissimo, a partire e tornare nelle loro arnie, in una frenesia anticipata. La terra di Lunigiana è da sempre terra di apicoltura, grazie al fatto di non essere particolarmente industrializzata e di non presentare coltivazioni intensive. Qui la biodiversità si è mantenuta viva, il territorio ha preservato le sue caratteristiche naturali ed è, per questo, un buon luogo per gli insetti produttori di miele. Non a caso il miele lunigianese è stato il primo miele italiano ad ottenere dall’Unione Europea il marchio Dop, il massimo riconoscimento della tipicità di un prodotto. Lorenzo Barbieri è un apicoltore per passione, possiede circa dieci arnie in una frazione del comune di Tresana, ama i suoi laboriosi insetti ed è preoccupato.

"Le api ci mettono moltissimo tempo per trovare un equilibrio, specialmente le mellifere, sono delicate. Oggi questo clima così variabile e instabile le disorienta e crea dei disagi sia per la produzione di miele, sia per loro stesse; c’è bisogno di grande attenzione e cura". Come afferma anche Nello Ferti, apicoltore attivo fra Lunigiana e Liguria, la Lunigiana si sta mostrando molto sensibile agli sbalzi termici, risente notevolmente del riscaldamento globale e gli equilibri naturali sono in difficoltà. Spiega che "in tempi “normali” con inverni rigidi, le api si chiudono in glomere, un mucchio con al centro la regina, nel quale la temperatura si mantiene in media attorno ai 21,3 gradi. Ora le giornate sono sempre diverse, caldo oggi, e le api iniziano ad uscire e deporre, freddo domani, tornano a richiudersi in glomere e abbandonano le larve. Tutto questo le stressa e gli alveari diventano più deboli, c’è poca produzione di miele e gli insetti consumano in una settimana così mutevole più di quando consumerebbero in tutto l’inverno".

Il momento cruciale nell’economia legata al miele è il Grande Raccolto, che corrisponde alla fioritura dell’acacia ad aprile. Oggi questo momento fondamentale è sempre meno prevedibile e gli stessi fiori sono soggetti al cambiamento climatico, producendo meno polline e perciò dando alle api meno disponibilità di materiale da collezionare nelle loro celle. Si stima che in 10 anni, da quando gli effetti dei cambiamenti del clima sono aumentati esponenzialmente, la produzione è dimezzata e gli alveari sono sempre più vulnerabili, perciò esposti a malattie e parassiti. La varroa, o Varroa destructor, è un parassita che, come anticipa il nome, distrugge le covate e si attacca sul corpo delle api: si fa opercolare insieme alle larve che alla nascita sono api malformate. Ad oggi non esistono pratiche o prodotti in grado di debellare il grave problema della Varroa destructor e gli apicoltori sono spesso costretti ad inventare brevetti per aiutarsi. Non solo, la globalizzazione ha portato nuove specie di insetti ad attaccare le api autoctone: "Il nuovo nemico per le api mellifere è la Vespa velutina", aggiunge Ferti, "un esemplare asiatico che dal 2004 vessa gli apicoltori e il cui danno è ancora senza rimedio".

Questa specie aliena è particolarmente aggressiva e capace di uccidere fino a 30 api al giorno. Esiste persino un comitato europeo per combatterla, “Stop Vespa asiatica”. Come spiegava Barbieri le api ci mettono molto tempo a trovare un equilibrio e se sono in grado di combattere il calabrone comune perché lo conoscono, sole non riescono ancora a vincere questa specie di vespa tanto dannosa. Gli apicoltori – sia chi produce miele per diletto sia chi ne ha fatto un lavoro – mostrano da anni una seria preoccupazione per la loro pratica: da un lato il destino delle api si lega ai cambiamenti climatici, la cui soluzione, o quantomeno rallentamento, dipende totalmente dalle politiche che globalmente si sceglieranno di attuare, dall’altro le dinamiche globali causano squilibri della biodiversità portando, anche involontariamente tramite le merci, nuove specie aggressive e difficili da debellare.

Il direttore del Consorzio di Tutela del Miele della Lunigiana Dop, Andrea Guidarelli, sostiene che purtroppo la categoria è lasciata a sé stessa, in balia del clima; la perdita negli anni è stata notevole, soprattutto le ultime quattro stagioni hanno registrato un andamento disastroso in termini di produzione. "La nostra sta diventando un’apicoltura eroica, è un’attività che permette all’ambiente di mantenersi, preservando la biodiversità. Le api, attraverso la loro organizzazione e il loro lavoro spargono il polline, aiutano le piante, e dove le specie vegetali specifiche continuano a crescere si mantiene il territorio". Si stima infatti che l’80% della produzione alimentare europea e la sopravvivenza dell’84% delle specie vegetali dipenda dalle api. La loro sopravvivenza è perciò fondamentale, oltre a consentire di avere indicazione sullo stato di salute delle piante e del clima e merita attenzione, cura, e impegno, qualità che non mancano agli apicoltori locali. Probabilmente la mimosa si guasterà, mentre le api hanno già fatto scorte. Questi insetti così preziosi per la natura, se osservati attentamente,ci fanno comprendere come sta cambiando il mondo.