CLAUDIO LAUDANNA
Cronaca

Allarme marmettola, cave a rischio paralisi

Ancora senza senza soluzione lo smaltimento dei fanghi di lavorazione. Decine di lavoratori potrebbero perdere il posto

di Claudio Laudanna

Marmettola: le ferie sono ormai finite, ma i problemi sono sempredove furono lasciati due settimane fa. Da lunedì laboratori e segherie torneranno al lavoro e, come era stato già anticipato a inizio mese prima delle chiusura estiva, si proporrà più forte che mai il problema dello smaltimento della marmettola. A nulla sono valsi gli appelli degli addetti ai lavori: in queste settimane nulla è cambiato e con la multinazionale americana Venator che continua a lavorare a ritmi ridotti nella cava grossetana di Montioni di Scarlino la Cages, azienda che da 20 anni si occupa dello smaltimento delle polveri di scarto del marmo, non può più garantirne il ritiro. Fino a poco fa l’azienda che ha una sua sede anche via Dorsale si faceva carico di circa 170mila tonnellate di marmettola l’anno che vendeva poi a Venator per neutralizzare le correnti acide generate dal biossido di titanio e creare i gessi rossi che venivano utilizzati per riempire la ex cava maremmana. Da mesi però proprio su questo materiale è in corso una battaglia a carte bollate e, tra sospensive della Regione, sentenze del Tar e nuovi provvedimenti fiorentini oggi i conferimenti a Montioni proseguono col contagocce: così già lo scorso 8 agosto Cages ha sospeso i ritiri sotto le Apuane. Dopo quasi tre settimane la situazione non è migliorata e ora con il ritorno delle ferie lo spettro dello stop all’intero comparto della trasformazione già ipotizzato dal leader degli industriali apuani Fabrizio Santucci si avvicina. "In queste settimane non è cambiato nulla. Noi siamo a disposizione, ma in questo momento non è possibile fare il nostro lavoro – spiega amaro Riccardo Biasci, numero uno di Cages -. Venator non ha intenzione di ripartire con la produzione per un atteggiamento incomprensibile della Regione mentre noi vorremmo fare tutto il possibile, ma abbiamo limiti fisici di stoccaggio. A oggi su tre linee di Venator ne funziona solo una e per noi non è abbastanza, dovrebbero esserne aperte almeno due e mezzo per smaltire tutto quello che ritiriamo abitualmente". Difficoltà che, se non cambierà nulla, si tradurranno in problemi occupazionali. "Venator ha già annunciato che metterà in cassa integrazione il 25 per cento dei suoi dipendenti – prosegue Biasci – e anche noi faremo altrettanto. Tra la zona apuana e Grosseto abbiamo circa 40 lavoratori e di questi almeno il 30% lo dovremo mettere in cassa. Questo nonostante tutte le analisi che abbiamo fatto fare, da strutture esterne e anche all’estero, abbiano certificato come non ci sia nulla di cui preoccuparsi". Per sbloccare questa impasse la palla passa alle istituzioni. Già a inizio agosto Santucci aveva auspicato la convocazione di un tavolo con Comune, Regione, Venator e Confindustria "perché tutti assieme si discuta su come procedere" e ora questo appuntamento non sembra più procrastinabile. Se qualcuno sperava che in queste settimane di ferie la marmettola potesse restare nascosta sotto il tappeto si sbagliava e ora c’è da stringere i tempi per provare a trovare una soluzione. Per questo motivo, mentre da Firenze si attende ancora ufficialmente che la Venator avanzi le proprie proposte, a prendere in mano la situazione potrebbe essere piazza II Giugno che già lunedì potrebbe iniziare a chiamare a raccolta tutti i soggetti interessati e metterli attorno allo stesso tavolo.