
Cinzia Angiolini (fondatrice del Consorzio agnello di Zeri)
Massa, 12 novembre 2016 - C’era una volta l’agnello di Zeri. E c’è ancora, grazie all’impegno, al lavoro e alla fatica di tanti allevatori. Ma per capire meglio come gli sforzi di tanti privati finiscano poi nel muro di gomma della burocrazia, il famoso macello mobile è da 8 anni in un container che aspetta di esser usato. Una struttura moderna, tutta in acciaio, che potrebbe permettere la macellazione dei capi senza costrintere gli allevatori a lunghi giri. Invece Comune di Zeri, Asl, Provincia e Regione da 96 mesi si rimpallano competenze e visti. Costringendo così gli allevatori ad andare a Follo (in Liguria, per capirci) per macellare i capi. Con più spese e spreco di tempo.
Per sbloccare una situazione che sarebbe ridicola se non fosse uno spreco, lunedì scorso Consorzio Agnello di Zeri, Coldiretti, Cia, Legambiente Associazione regionali allevatori Toscana, Gal Lunigiana, Lista cittadini per Zeri e Fondazione montagne Italia hanno organizzato un convegno a cui ha partecipato l’assessore regionale Marco Remaschi. E Remaschi ha dato una speranza agli «abitanti delle terre alte» impegnandosi a organizzare entro fine anno un tavolo dove riunire, tutti insieme, tecnici e politici per rendere operativo il macello mobile. Non solo. Si è impegnato a tornare a Zeri a febbraio, per vedere se alle parole seguono i fatti.
Nel testo approvato a fine incontro, agricoltori e residenti chiedono «la realizzazione del macello mobile comprensoriale, che consentirebbe la chiusura della filiera della carne ovina in loco riducendo i costi degli allevatori; di superare le difficoltà burocatiche legate alla creazione di un marchio d’indicazione geografica, o d’area, per i prodotti agro-silvio-pastorali provenienti da Zeri, di sviluppare in loco filiere produttive e di trasformazione dei prodotti tipici risolvendo questioni legate a vincoli igienico/sanitari troppo limitanti per produzioni di nicchia; di rendere più accessibile il ricorso al credito per i giovani agricoltori che nella richiesta di partecipazione ai bandi regionali devono avere priorità perchèoperano in aree montane e quindi svantaggiate».