Lucca Summer Festival, il rock risveglia la piazza: in 5mila per Nick Mason

Il batterista dei Pink Floyd con il suo super gruppo ripercorre i primi anni della carriera della storica band inglese regalando emozioni senza età

Nick Mason al Lucca Summer Festival (Foto Alcide)

Nick Mason al Lucca Summer Festival (Foto Alcide)

Lucca, 26 giugno 2022- Emozione. Prima di ogni altra cosa, prima di ogni altra parola. Quella di ricominciare con una storia interrotta dopo l’edizione del 2019 e che ieri sera si è respirata a pieni polmoni per tutto il concerto, ma anche prima e dopo e che si leggeva negli occhi di tutti. Di chi lavora dentro e dietro le quinte, di Mimmo D’Alessandro, che aveva gli occhi lucidi e di tutto il pubblico che è tornato in piazza Napoleone (circa 5000 i presenti) per un concerto del Summer Festival, a distanza di tre anni.

La musica è stata quella senza tempo dei Pink Floyd degli inizi, dal 1965 al 1971, proposta dal progetto/band A Saucerful of Secrets di Nick Mason, batterista e membro fondatore della storica band inglese. Basta l’incipit di “One of these days“, con il basso metallico e incalzante, per scaldare (se mai ce ne fosse stato bisogno, con i 30 gradi ancora presenti durante lo show) un pubblico letteralmente in adorazione, composto sì da tanti nostalgici dai capelli bianchi, ma anche da giovani curiosi e, nel totale, da tanti stranieri. E poi “Arnold Layne“, il primo singolo, scritto da Syd Barrett.

Suona un po’ strano sentire i Pink Floyd non suonati da Roger Waters o da David Gilmour, ma la band regge bene il confronto, con professionisti quali l’ex Spandau Ballet Gary Kemp alla chitarra, Guy Pratt al basso, Dom Beken alle tastiere e ai synth e Lee Harris alla chitarra, più Nick Mason, ovviamente, alla batteria e alle percussioni. Momenti intensi con un paio di parti di “Atom heart mother“, “If“, “Set the control to the heart of the sun“, “Astronomy Domine“, “Echoes“, “See Emily play, “A saucerful of secrets“.

Se si chiudevano gli occhi si poteva immaginare di essere all’Isola di Wight o a Monterey piuttosto che a Woodstock o nella San Francisco della “Peace and love“. Si chiamava psichedelia, che in musica si traduceva con suoni ipnotici, eterei, ripetitivi come mantra e lunghe suite anche solo strumentali. Un passato ancora pieno di fascino che ha influenzato generazioni di musicisti in tutto il mondo. Tornando sulla Terra, tutto è filato liscio, come sempre, con tanta gioia di esserci, finalmente e di stare di nuovo tutti insieme sotto un palco.