
Raccontare le brutalità della Shoah e i crimini nazi-fascisti ai giovani non è semplice. Lo scambio può essere macchiato da un pregiudizio generazionale: parlargli di qualcosa cronologicamente molto distante da loro può voler dire mettere in conto che, per quanto attenti ascoltatori, non a tutti rimanga veramente qualcosa alla fine. Poi però succede che Tatiana Bucci (nata a Fiume 86 anni fa da madre ebrea e sopravvissuta ad Auschwitz insieme alla sorella Andra), racconti ad una platea di adolescenti delle scuole superiori (nell’incontro organizzato dalla Provincia in collaborazione con l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea) con estrema umanità tutto quello che di disumano ha vissuto sulla sua pelle, da bambina deportata e rinchiusa nel campo di sterminio di Birkenau, e durante lo spazio riservato alle domande, dopo che la timida platea ha rotto faticosamente il ghiaccio, una di loro prenda la parola, non per chiedere altro - quello che ha ascoltato le è bastato - ma per esprimere, tra le lacrime, una presa di coscienza profonda e pesante che stride con l’ottimismo e la spensieratezza di quell’età e che per questo è una doccia ancora più fredda.
"La vorrei ringraziare - ha detto la studentessa - perché credo sia davvero difficile avere la forza di raccontare, ma può aiutare noi ragazzi a non rifare gli stessi sbagli e insegnare a certi adulti a non abbandonare chi è diverso da noi. Vorrei che almeno noi si possa cambiare questo mondo che fa alquanto schifo e di cui spesso mi vergogno". Con queste parole e una naturalezza disarmante, la giovane studentessa ha zittito tutti i presenti, mettendoli di fronte ai fallimenti dell’essere umano, rivelando agli adulti che i giovani sono presenti, li osservano e li giudicano, anche se in silenzio.
E questo nonostante siano figli di intere generazioni che certi fallimenti se li sono buttati dietro le spalle. "L’Italia non ha fatto i conti con il passato - ha detto Tatiana Bucci - Non siamo stati solo collaborazionisti, ma alleati e in quanto tali abbiamo le nostre colpe. Io non chiedo tanto, mi basta che i responsabili di oggi dicessero: “Eravamo dalla parte sbagliata“. Sarebbe sufficiente". Invece ancora oggi c’è chi nega quelle responsabilità o le minimizza.
"Dobbiamo prendere atto che i buoni e i cattivi ci sono anche tra gli italiani, come fra tutti - ha aggiunto la sopravvissuta - Oggi, invece, dimentichiamo quello che ci è successo e che abbiamo subito e non siamo capaci di accogliere chi viene da noi a chiederci aiuto. Guardiamo all’ultima tragedia di Cutro: tutte quelle bare bianche sono difficili da sopportare. Non dovrebbero esserci queste cose. Non dovrebbero esserci queste differenze di trattamento, dovremmo saper accogliere le persone".
Teresa Scarcella