Tragedia Luminara, chiusa la fase istruttoria

Emergono differenze tra le perizie fatte dai consulenti del pm e quelle degli esperti nominati dal gup. Di nuovo in aula a fine marzo

Migration

Chiusa la fase istruttoria del processo per la tragedia della Luminara, quando due operai della Cooperativa Agricola Morelli persero la vita durante il montaggio delle luci in centro. Dopo sei anni si intravede la parola fine. Era l’1 settembre 2017 quando Eugenio Viviani e Antonio Pellegrini morirono in via Veneto, dopo che la gru che li sosteneva a dieci metri di altezza si schiantò all’improvviso per la rottura del braccio meccanico. Per i due lavoratori non ci fu nulla da fare.

L’allora procuratore capo Pietro Suchan e la pm titolare del fascicolo Elena Leone avanzarono sette richieste di rinvio a giudizio per omicidio colposo, nei confronti di tre dirigenti della ‘Oil & Steel’ di San Cesario Sul Panaro (Modena) nel 2009, quando fu acquistata la gru; per quelli che erano i responsabili delle certificazioni della piattaforma e per i responsabili della Art Campenter di Rocca San Casciano (FC) all’epoca dei fatti, che fornì il braccio meccanico alla Oil & Steel. Per tre di loro si procederà con rito abbreviato, le cui date sono state fissate dal gup Antonia Aracri, durante l’ultima udienza preliminare, per la fine di marzo. Saranno tre giorni di discussione prevedibilmente molto lunghi e articolati. Per gli altri quattro, invece, si proseguirà a fine maggio sempre in udienza preliminare.

Sono stati anni caratterizzati da una battaglia nelle aule di tribunale a colpi di perizie. Il processo, che ha visto nel frattempo l’uscita di scena delle parti civili una volta risarcite del danno, si gioca proprio sul filo delle consulenze tecniche sciorinate durante le tante udienze. L’ultima in ordine cronologico è di pochi giorni fa. In quell’occasione sono stati ascoltati i periti incaricati dal gup, due docenti dell’Università di Pisa esperti in metalli. Dalle analisi fatte sul pezzo della gru che si è rotto, effettuate con altri strumenti, risulterebbero misurazioni diverse rispetto a quelle portate dai consulenti del pm. Al centro della discussione c’è la fragilità del braccio determinata da una saldatura che, secondo l’accusa, non solo era stata fatta male, ma non doveva neppure esserci.

Il calore, infatti, avrebbe provocato un rimpicciolimento dello spessore della lamiera. La riduzione, però, secondo i consulenti del gup sarebbe sensibilmente inferiore rispetto a quella riscontrata dall’accusa. Incoerenze tra le perizie ci sarebbero anche sulla ricostruzione dell’assemblaggio della gru e sulla datazione dei documenti della progettazione. Quindi elementi che sembravano cristallizzati, vengono messi ora in discussione. Il caso è tutt’altro che di facile lettura.

Teresa Scarcella