
di Daniele Masseglia
C’è chi ha esultato, chi ha scosso la testa e chi è scoppiato a piangere alla lettura del dispositivo. Un turbinio di emozioni quello andato in scena ieri al Tribunale di Lucca, dove dopo sette anni e mezzo è stata pronunciata la sentenza di primo grado sul processo tallio. Il collegio, presieduto dal giudice Gerardo Boragine, ha assolto con formula piena Francesco Di Martino (Gaia) e Ida Aragona (Asl) dall’accusa di avvelenamento colposo delle acque destinate al consumo umano, accogliendo la richiesta della pm Lucia Rugani. Ribaltata invece la richiesta di condanna di Aragona a 4 mesi e 100 euro di multa per omissione di atti d’ufficio: la dirigente Asl è stata assolta perché il fatto non costituisce reato.
Il sipario ha impiegato tanto tempo per chiudersi. L’emergenza scoppiò a Valdicastello nell’ottobre 2014, per poi propagarsi a Pietrasanta e al Pollino, con l’ordinanza di non potabilità scattata per le alte concentrazioni di tallio nell’acquedotto a causa della contaminazione della sorgente Molini di Sant’Anna. Per mesi i cittadini si sono riforniti alle autobotti, è nato il Comitato tallio Valdicastello e alle battaglie degli abitanti si è sovrapposta quella giudiziaria. Conclusa ieri: per il giudice non c’è nessuna prova che le concentrazioni di tallio fossero tali da arrecare danni alla salute. Non costituisce reato neppure il fatto che l’Asl non sia intervenuta dopo la mail del maggio 2013 con cui Arpat avvisò della presenza del tallio in seguito agli studi dell’università di Pisa. La sentenza, le cui motivazioni saranno depositate entro 90 giorni, non coglie di sorpresa l’avvocato Sandro Guerra, legale di Aragona, che si è lasciata andare a un pianto liberatorio. "Per una dirigente di quel rango – dice Guerra – era la peggior accusa che si potesse avanzare. Aragona ha affrontato anche la gestione del Covid con risultati encomiabili, come si fa a dire che se ne era volutamente fregata? Resta un po’ di amarezza: se in fase di indagine fossero stati fatti accertamenti come da noi richiesto, si sarebbero evitati l’allarme tra la popolazione, ore di udienze e quintali di carte". Di Martino, all’epoca dirigente Gaia per l’area tecnica e acquedotto, è di poche parole: "Che il fatto non sussiste lo hanno confermato i giudici dopo lunghi anni di udienze e approfondimenti". Più loquace il suo legale, l’avvocato Enrico Marzaduri. "Una sentenza giusta – dice – che ha correttamente valutato il materiale probatorio acquisito e sviluppato nel corso di svariate udienze. Ciò ha consentito di emettere la sentenza nella massima serenità e tranquillità del collegio perché c’erano gli elementi tali da giustificare la formula piena. Di Martino ha svolto per tanti anni un compito di estrema delicatezza e suo malgrado si è trovato coinvolto a livello penale".
Di umore opposto gli avvocati delle parti civili Luca Nannizzi, Gabriele Dalle Luche, Andrea Giannecchini, Damiano Pucci e Letizia Bertolucci: "Rimandiamo ogni valutazione alla lettura delle motivazioni. In merito all’omissione, però, il fatto che Aragona sia stata assolta perché il fatto non costituisce reato lascia intendere che comunque le spettasse il controllo dell’acqua e che già nel 2013 dovesse attivarsi. Manca però il dolo e quindi non ci può essere reato. Per l’avvelenamento il collegio non ha ritenuto meritevole di accoglimento la nostra tesi sulla pericolosità per la salute umana del tallio distribuito nelle acque di Valdicastello, Pollino e Pietrasanta. Con la vicinanza della prescrizione (luglio, ndr) è improbabile pensare ad un appello: semmai la lettura delle motivazioni potrebbe fornire idonei presupposti per richieste risarcitorie in sede civile".