“Medici ospedalieri serve più umanità anche al San Luca“

La vedova di Fausto Tocchini, scomparso per un tumore, critica l'atteggiamento di alcuni medici dell'ospedale San Luca di Lucca per mancanza di umanità nei confronti della famiglia durante gli ultimi giorni di vita del marito. Chiede maggiore sensibilità e comunicazione per alleviare le sofferenze dei familiari in situazioni delicate come la perdita di una persona cara.

Il marito di Raffella Lorenzani, Fauusto Tocchini, è scomparso il 17 aprile scorso all’ospedale San Luca a causa di un tumore letale. Il lutto ha colpito una famiglia che ha sempre vissuto a Lucca e la vedova ne vuole approfittare per dare un messaggio alla città. Un messaggio che riguarda l’atteggiamento che alcuni medici e operatori sanitari hanno tenuto con il nucleo familiare negli ultimi giorni di vita del marito.

“Sono riconoscente agli ospedali e a chi vi lavora - spiega Raffaella Lorenzani - in particolare a quelli di Cisanello che hanno curato e accompagnato mio marito nel suo ultimo periodo dopo una lunga malattia. Ma voglio comunicare qualcosa che credo sia importante. Serve più umanità, in particolare fra i medici. Gli ultimi giorni di mio marito nel reparto di Medicina al San Luca sono stati molto dolorosi per me e mio figlio. Ci aspettavamo che i medici ci dessero informazioni sul suo stato di salute, sulla terapia del dolore, che intervenissero comunicandoci le azioni da fare per lenire le sofferenze di mio marito, in modo da diminuire anche le nostre. Ma non ci è arrivata nessuna informazione, ci siamo sentiti soli e per niente considerati. Alcuni hanno anche reagito male al nostro civile tentativo di chiedere le cose che riguardavano mio marito”.

“Abbandonati accanto a chi stava morendo - aggiunge con dolore Raffaella Lorenzani -. Non voglio criticare l’operato sanitario di medici e infermieri che hanno fatto il loro dovere, voglio solo sperare che la mia frustrazione nel ripensare agli ultimi giorni possa causare un cambiamento umano in alcuni dei medici. Quando una persona sta morendo in ospedale, chi gli vuole bene ha bisogno di sapere come sta, di capire quanto sta soffrendo, come reagisce il suo fisico negli ultimi giorni. Parlare può alleggerire le sofferenze di chi sta perdendo una persona cara. Riguarda molte persone e non siamo gli unici che si sentono poco considerati dagli operatori sanitari. Alcuni medici, anche del Pronto Soccorso, sono stati molto bravi nel prendersi in carico la condizione di mio marito, ma purtroppo altri non hanno avuto la stessa sensibilità. Dopo la sua morte nessuno è intervenuto per raccontarci gli ultimi momenti. Anche dopo la morte ci vorrebbe un’attenzione nei confronti dei familiari”.