Ancora un sonetto in vernacolo
lucchese di Alessandro Meschi.
LA CRAVATTA AL MAIALE
O nonna, certo se ti davo retta,
‘un mi sarei mia fatto ‘osì male.
Me lo dicevi sempre “bimbo, aspetta,
‘un lo poi miga incravatta’ l maiale.
Perché ‘un sa di vel che fassene, lullì.
te ni metti, e alla meglio lu’ s’arangia,
ma ‘un la pole mia apprezza’, è fatto ‘osì:
Prima la ‘ntruglia, e doppo se la mangia. “
Com’avevi ragione, e che baccello
son sempre stato, e anche un bel minchione.
Ni facevo il nodino sul girello
per condivide insieme un’emozione.
E lu’sguazzava nel su’ sudiciume,
maladetta bestiaccia caccolosa.
Ma io vedevo svolazza’ le piume
come fosse creatura portentosa.
“Te hai l’occhi foderati di presciutto,
che ti vadi sempre bene, bimbo, prega” *
mi dicevi, e te vedevi tutto.
“e ‘un ti fida’, che po’ valcun ti frega”.
Ho visto la bellezza vand’un c’era,
il cuore d’oro e ‘nvece era di latta.
E ho fatto come la gallina nera,
che si rifà, purtroppo, sulla sera.
E ‘un m’è rimasta neanch’una cravatta.
(* verso dodecasillabo)