
La bomba che ferì l’artificiere Vece L’anarchico Fallanca torna dentro
di Stefano Brogioni
LUCCA
Otto anni di condanna definitiva, cinque ancora da scontare per la bomba alla libreria “Il Bargello“ di Firenze, emanazione di Casapound, il cui disinnesco provocò ferite permanenti all’artificiere di polizia Mario Vece.
L’anarchico Pierloreto Fallanca da sabato mattina è di nuovo in carcere (l’ultimo suo luogo di detenzione era stato a La Spezia), per i fatti della notte di Capodanno tra il 2016 e il 2017: un rudimentale ordigno, gettato tra la serranda e la vetrina del ritrovo di via Leonardo da Vinci dei militanti dell’ultradestra fiorentina, esplose durante le operazioni di bonifica. Vece, residente ad Altopascio, rappresentato nei processi dall’avvocato Federico Bagattini, perse un occhio e una mano. La digos di Firenze ha rintracciato Fallanca in quel di Bologna e gli ha presentato il conto. Venerdì, infatti, la Cassazione ha respinto i ricorsi dei difensori e ha dichiarato definitiva la condanna dell’anarchico originario di Teramo. Stessa sorte per un altro ’compagno’, Salvatore Vespertino. Questi, a differenza di Fallanca, si è reso irreperibile. Ma la Direzione centrale della polizia di prevenzione continua a cercarlo.
"L’ho messo il bombone a Casapound, in bocca a Casapound", diceva Fallanca nelle intercettazioni. Anche se, nei frammenti dell’ordigno, c’era solo il dna di Vespertino. Nella condanna a otto anni per i due anarchici, vengono considerati anche altri episodi della stessa matrice avvenuti in una stagione di fibrillazione che ebbe la sua punta massima, nella ’guerra’ fra rossi e neri, proprio nell’attentato dell’ultima notte dell’anno del 2016. Nell’udienza dinanzi alla Suprema Corte di venerdì scorso, sono state confermate le pene fino a 3 anni e 6 mesi anche per altri 21 imputati. Tra gli episodi contestati l’aggressione a una pattuglia di carabinieri in lungarno Carlo Alberto Dalla Chiesa il 21 aprile 2016 che portò all’arresto di tre anarchici, il successivo corteo in solidarietà ai tre arrestati del 25 aprile che culminò in imbrattamenti e danneggiamenti e le quattro molotov lanciate, quella stessa sera, contro la stazione dei carabinieri di Rovezzano.
Le accuse: è caduta definitivamente quella di associazione per delinquere, ma sono rimaste in piedi quelle di lesioni, porto illegale di armi da guerra danneggiamento, corteo senza autorizzazione resistenza a pubblico ufficiale.