Il laboratorio di Tobino è un museo, dedica a Capovani

L'ex manicomio di Maggiano a Lucca diventa luogo di commemorazione per Barbara Capovani, dirigente di psichiatria uccisa. La fondazione Tobino inaugura un laboratorio in suo onore, ma l'amarezza per la mancanza di concretezza nell'aiutare i malati è palpabile.

Il laboratorio di  Tobino è  un museo, dedica a  Capovani

Il laboratorio di Tobino è un museo, dedica a Capovani

"Voglio amore". Quella frase-guida, la preferita di Barbara Capovani, adesso è incisa in uno dei luoghi simbolo della psichiatria italiana: l’ex manicomio di Maggiano, oggi sede della fondazione che porta il nome di colui ne fu il faro, Mario Tobino.

Non un luogo qualsiasi per commemorare la dirigente di psichiatria del Santa Chiara di Pisa morta a seguito dell’aggressione subita il 21 aprile dello scorso anno e per la quale oggi è a processo Gianluca Paul Seung.

"Quando è successo il fatto ho subito pensato di intitolare il laboratorio a lei, a Barbara". Dice Isabella, nipote di Tobino e presidente dell’ente che gestisce il complesso museale che è diventato oggi il luogo di cura dove operò lo zio Mario.

"Grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca abbiamo potuto restaurarlo e riallestirlo com’era – aggiunge – Era qui che si facevano gli esperimenti, le analisi, per cercare di capire da dove aveva origine la follia. Mai avrei pensato che questa cerimonia sarebbe avvenuta in pratica nell’anniversario della morte di Capovani. Una mano da lassù forse ha tirato i fili di tutto questo. Chissà, forse proprio quella di mio zio...".

Al taglio del nastro è seguito un lungo, commosso applauso e un minuto di silenzio e alla cerimonia erano presenti l’ex marito Giorgio Nappini accompagnato dalla sorella, Monica.

Ed è stata lei a ricordare la dottoressa uccisa: "Siamo grati e onorati perché, come dimostra questo evento, c’è ancora un pensiero presente che dimostra la gravità di quanto accaduto. Per noi è un conforto. Non lo è il fatto, purtroppo, che dopo tante parole, mille attestazioni, non sia scattata neanche una piccola scintilla di concretezza, l’idea di un progetto, l’accenno di una proposta da ’fare’. Ci sono tanti malati abbandonati a se stessi. Ci sarebbe da investire su strutture e personale, medici, educatori. Invece niente, non si è mosso niente".

Un’amarezza profonda che è difficile non condividere. Ma a lenire c’è il ricordo, o meglio la presenza. "La sogno quasi ogni notte – conclude Monica – Parliamo con serenità di tante cose, come se niente fosse successo. E’ con me, con noi. La rivedo forte e senza paura, con il sorriso, come è sempre stata".

Laura Sartini