MAURIZIO GUCCIONE
Cronaca

Dal dottorato di Imt ad Harvard. Bargagli Stoffi, lo studioso che caccia le aziende “zombie“

Il giovane studioso ha elaborato una metodologia per stanare quelle attività produttive che non creano valore aggiunto ma sopravvivono e spesso si collocano nella scarsa legalità.

Porta con sé la freschezza di chi, ancora giovanissimo, ha scalato prima i traguardi universitari per poi guadagnarsi un posto di ricercatore alla prestigiosa università di Harvard di Boston.

Falco Joannes Bargagli Stoffi, crede nella statistica, nei numeri che diventano dati.

E li studia, compara, e mette a disposizione dei progetti che, da questi, possono fare scoprire molto.

Attualmente si sta occupando di metodologia e statistica in ambito ambientali per capire – cosa assai importante – chi e quanti, nell’ambito della comunità di persone, è più esposto all’inquinamento e con quali ricadute. Studi che si fondano sulla multidisciplinarietà, così come Bargagli Stoffi ha imparato a Imt Alti Studi di Lucca durante il corso di dottorato.

Nasce a Campi Bisenzio (Firenze) 32 anni fa e, dice, "sono l’unico della famiglia ad avere conseguito titoli accademici di un certo livello". Un’affermazione che sa di orgoglio e di cui, sicuramente, la stessa famiglia è altrettanto orgogliosa.

L’esperienza in consiglio comunale da giovanissimo, gli fa scattare una sorta di sfida: se un progetto di un’amministrazione pubblica non si basa sui dati, difficilmente potrà avere successo. Da quel momento si dedica alla sociologica e alla statistica fino ad arrivare al dottorato di Imt che gli permette di studiare i dati che le aziende italiane (non tutte, però) devono fornire per obblighi di legge.

"Con altri colleghi mi sono messo a studiare modelli alternativi che riguardano i dati che arrivano dalle aziende – spiega Bargagli Stoffi – chiedendomi “adesso che cosa ci facciamo?”, ma nel contempo mi sono accorto che da alcune aziende, i dati non arrivavano: parlo dei bilanci del numero di addetti e di altri elementi; la riflessione è stata quale informazione trarre dal fatto che molte aziende non fornivano i dati".

Si tratta del fenomeno classificato come “aziende zombie”, quelle che non creano valore aggiunto ma sopravvivono.

"A queste – prosegue il ricercatore – subentrano altre aziende, magari rimangono sul mercato anche per connessioni bancarie oppure, non è certo da escludere, creando il sommerso attraverso attività illegali; l’Italia è il Paese con il più alto numero di attività “zombie” che non rappresentano un volano sull’economia: dal lavoro di ricerca effettuato su 305mila aziende del solo settore manifatturiero nel periodo 2008-2017, quelle zombie rappresentano una percentuale che varia dall’ 1,5% al 3% e sono collocate nel centrosud – sud Italia in regioni quali l’Abruzzo, la Basilicata, la Campania, la Puglia e la Calabria".

Il lavoro analitico del metodo innovativo adottato da Bargagli Stoffi, si basa sull’utilizzo dell’Intelligenza artificiale "che deve sempre essere affiancata da quella naturale" precisa il ricercatore di Harvard, e ha permesso di mettere in essere una serie di confronti a partire da quello con la Guardia di Finanza e di presentare l’importante lavoro di ricerca anche alla Banca d’Italia.

"Per legge – sottolinea Bargagli Stoffi – le aziende che devono presentare i dati sono quelle quotate in borsa, ma quelle più piccole non hanno vincoli; ciò non significa che un’azienda in difficoltà di cui non si dispongono i dati sia necessariamente un’azienda zombie; ma l’importanza di indagare sul perché, certi dati, non sono presentati con trasparenza, questo deve rappresentare un campanello di allarme; la domanda da porsi, quindi, è perché queste aziende zombie rimangono sul mercato".

Il giovane fiorentino, tiene a sottolineare come "sia stata importante la formazione in ambito di Imt che rimane – conclude – una realtà accademica di particolare prestigio e che fa della multidisciplinarietà un importante veicolo di crescita professionale".