REDAZIONE LUCCA

Caso diamanti, il giudice condanna banca a pagare

Una coppia di Gorfigliano aveva investito 30mila euro a fronte di un valore reale delle pietre di 7mila euro: saranno risarciti

Una nuova sentenza favorevole ai clienti della banca sul caso “diamanti da investimento“. E’ quella emessa il 22 gennaio dal giudice della sezione civile del tribunale di Lucca, Giacomo Lucente, a favore di una coppia di coniugi di Gorfigliano che avevano investito circa 30mila euro nell’acquisto di due diamanti, giudicati poi sovrastimati rispetto al valore reale. La coppia, assistita dall’avvocato Francesco Giordano dello studio lega LexOpera di Firenze, ad aprile 2015 era entrata in contatto con il proprio istituto di credito, il Banco Bpm.

Allo sportello di consulenza erano stato informati della possibilità di effettuare un investimento, giudicato "conveniente": l’acquisto di due diamanti certificati di 0,72 carati al prezzo di 15.120 euro ciascuno, venduti dalla Idb cioè la Intermarket Diamond Business. Dopo l’acquisto però la coppia era venuta a sapere che l’Antitrust aveva censurato l’attività di Idb, per pratica commerciale scorretta: la società infatti si avvaleva di alcune banche per la vendita di diamanti grezzi, a un prezzo triplo o doppio rispetto al valore di mercato. A quel punto la coppia si è rivolta al legale per chiedere indietro alla banca la differenza tra il valore reale dei diamanti (stimato poi intorno a 7mila euro) e quanto pagato (30mila euro). In pratica 23mila euro. Il giudice nella sentenza ha giudicato la banca responsabile vista "l’asimmetria informativa - si legge nel dispositivo - tra la banca e i clienti". Asimmetria che per il giudice "deve essere colmata con l’osservanza da parte dell’istituto bancario dei doveri di trasparenza, chiarezza e lealtà, specialmente dove ci sia un consolidato rapporto di fiducia". In poche parole l’investimento suggerito ai due coniugi avrebbero dovuto essere maggiori e più complete. In modo da far capire loro il reale valore di mercato dei diamanti. La banca si è difesa osservando come si fosse solo limitata a segnalare l’opportunità.

Ma "a rafforzare la responsabilità della banca - si legge ancora - vi è anche il fatto che percepiva una corposa provvigione dai contratti di compravendita di diamanti, conclusi con l’ausilio dell’attività di “segnalatrice“ (pari al 18% del prezzo pattuito). Il giudice ha così accolto la richiesta di risarcimento presentata dal legale della coppia condannando la banca a risarcire la differenza tra il valore reale dei diamanti e il prezzo pagato: circa 23mila euro.

Claudio Capanni