Bianchi e la donna: "Ricrea l’uomo e lava via il sangue dalla sua mano"

Sua l’originale copertina dell’edizione di ieri di QN per la giornata contro la violenza sulle donne: "Ho pensato alla creazione di Michelangelo, ma ho ribaltato il concetto".

Bianchi e la donna: "Ricrea l’uomo  e lava via il sangue  dalla sua mano"

Bianchi e la donna: "Ricrea l’uomo e lava via il sangue dalla sua mano"

di Cristiano Consorti

A volte le parole possono apparire ridondanti. Non inutili, per carità. Ma ingombranti oltre misura. E allora i giornali del nostro gruppo – Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione – ieri in copertina sono usciti con un’illustrazione. Che lì per lì poteva anche apparire semplice, ma non lo era affatto. Dentro di sé portava fin troppi simboli e messaggi. Un’illustrazione gentilmente creata dalla mano esperta di Simone Bianchi, illustratore Marvel, che ha accettato di parlare di un tema tragico e al tempo stesso difficilissimo: la violenza sulle donne.

Ma spesso un artista sa accendere quella fiammella che mille parole non sanno fare appieno. E grazie a Simone abbiamo voluto omaggiare questa giornata senza spettacolarizzazioni, ma con un messaggio comunque potente. E chi meglio di Simone ci spiega come? Ha aperto a La Nazione le porte del suo studio, a Capannori, e quella che doveva essere una semplice chiacchierata si è arricchita in realtà anche d alcune sue riflessioni da cogliere e su cui ragionare. Perché di buonsenso e logica. D’altronde lui è così: di grande onestà intellettuale ed enorme sensibilità. Tanto da togliersi il cappello, come forma di rispetto, quando parla di Giulia e della sorella Elena e tanto da sfregarsi il braccio quando gli viene la pelle d’oca pensando a certe fredde e tragiche immagini. Lui, che per mestiere, al freddo oppone il caldo dei suoi colori.

Simone, ci racconti la genesi di questa tua bellissima illustrazione?

"Mercoledì stavo lavorando e ad un certo punto ho pensato: voglio chiamare Cristiano e Agnese (la direttrice di Qn). Giuro che saranno passati cinque minuti da questo pensiero e mi è squillato il telefono".

E chi era?

"Era Agnese Pini".

Cosa ti ha detto?

"“Ho un’idea folle“ (nel senso di accettarla da parte mia e in fatto di scadenze). Mi spiega dell’iniziativa del gruppo editoriale per il 25 novembre e mi chiede se me la fossi sentita di creare un’immagine simbolo?".

E tu?

"Beh, ho detto che si trattava di una cosa grossa e che avevo bisogno di pensarci. Insomma, ho detto che prendevo tempo fino alle 14. Pensa, erano le 10.30. Dovevo vedere se mi fosse venuta un’idea. Il problema grande è che mi sono reso conto che di solito il mio lavoro è più tecnico che concettuale. Finita la telefonata il mio cervello ha iniziato a fondere. A un certo punto stavo quasi per abbandonare e di nuovo mi è venuto in salvo il sonno".

Cioè?

"Spesso quando mi rilasso e sto per addormentarmi anche il cervello si rilassa del tutto e vengono a galla delle idee. Così fra le varie immagini mi è venuta in mente quella della creazione di Michelangelo nella Cappella Sistina: più che tutta l’immagine, il primo piano delle mani che simbolicamente è sempre comunque forte perché può voler significare mille cose. Dal flusso di pensieri ecco che le prime due cose che mi sono venute in mente sono state appunto la creazione di Adamo e poi l’espressione “L’altra metà del cielo“".

Dunque cosa hai fatto?

"Ho pensato che le mani non dovessero essere perfettamente di profilo. Nella mia idea poi è la donna la forza generatrice che dà la vita all’uomo. E’ esattamente un’inversione dell’originale. Quella di Michelangelo (Buonarroti, ndr) è la creazione: la mia è una ricreazione, un ripensare, un ricreare la figura maschile. A questo punto qui mi è venuto in mente il titolo che è “Verso l’altra metà del cielo“. Mi è servito verbalizzare il titolo per definire completamente cosa volevo disegnare: la mia idea era il ribaltamento in cui a creare non è più Dio, ma è Eva, è generatrice e rigeneratrice".

Non si può non notare la mano dell’uomo sporca di sangue.

"La mano è sporca dalle abitudini millenarie sprofondate nel tempo della società patriarcale. Pensa che fino a 40 anni fa l’omicidio passionale aveva uno sconto di pena! Quindi la mano è sporca e arrugginita da tutto quello che c’è stato nel passato e insanguinata da questo numero di femminicidi di cui stiamo prendendo coscienza. Ma la cosa che mi piaceva è che l’altra metà versasse il cielo come simbolo di ricreazione, rigenerazione, sulla mano dell’uomo lavando via il sangue e trasformando anche la mano dell’uomo come la mano della donna in nuvole e in cielo. Il mio intento era: “Guardo questa immagine e sento qualcosa“. Devo ringraziare per la parte grafica Luca Baldi per le parole divise a metà tra parte destra e sinistra. Perché è come come se dividesse, attraverso la linea mediana, i due cieli, quello della donna e quello dell’uomo fino alla dicitura “A Giulia e a tutte le altre“ punto. Un punto rosso sangue. Fine. Che sia l’ultimo. Un punto simbolico".

Ti ha arricchito questo lavoro?

"Sì, mi ha arricchito e mi ha dato la voglia di andare di più in questa direzione. Vedi, questo è stato un evento spartiacque. Guarda, bisogna mi tolga il cappello se penso alla sorella di Giulia, Elena, che ha parlato con una forza ed un’efficacia come probabilmente non era riuscito a nessun altro parente di vittime di un femminicidio. Mi viene il groppo alla gola: se da oggi diminuiranno, e di molto, i femminicidi, bisognerebbe fare una statua a Elena – ovviamente anche a Giulia poverina, mi viene la pelle d’oca solo a pensarci – , perché ha fatto la spaccaghiaccio laddove il ghiaccio è anche la comunicazione".

Secondo te c’è un messaggio da poter lanciare?

"Ieri sera ascoltavo una trasmissione in cui giustamente, per l’ennesima volta, venivano riproposte le parole di Giulia che lei aveva scritto in un gruppo di amici chiedendo consigli. Parole in cui lei dice di sentirsi in colpa, che giustamente però non ne può più, vorrebbe uscisse dalla sua vita, però lei si sente in colpa perché lui diceva che non vive più. Ecco, ora io voglio lanciare un messaggio alle donne: vi dovete scolpevolizzare. Se un uomo arriva a dire “mi ammazzo“, non è più un problema vostro. Da un punto di vista psichiatrico c’è un limite di tempo che sono due o tre settimane e se dopo quelle 2-3 settimane dei sintomi che siano di depressione, gravi, evidenti di un ragazzo che dice “mi ammazzo“ bisogna che questo ragazzo sia portato da un medico. Non può essere demandata a una ragazza di 22 anni la cura di un problema di cui lei non è più la causa, cioè è sfociato in qualcos’altro, ma quel qualcos’altro in cui è sfociato non è più un problema della ragazza, ormai il problema è del ragazzo e lo deve risolvere lui. Frank Zappa, uno dei più grandi geni della musica e dell’umanità, in un’intervista a metà anni ’70 disse occhio, che la vera emergenza del nuovo secolo, è quella della salute mentale! Non solo".

Dimmi?

"Va superato questo retaggio idiota che non si va dallo psichiatra o non si va dallo psicologo. Farsi curare è il primo passo è per evitare queste degenerazioni qui".