"Grazie, mi hai strappato alla morte". L’abbraccio all’infermiere-salvatore

Mario Bertocchi racconta l’infarto e il trattamento al pronto soccorso

Mario Bertocchi stringe la mano a Lorenzo Macchiarolo

Mario Bertocchi stringe la mano a Lorenzo Macchiarolo

La Spezia, 29 marzo 2016 -  IL DESIDERIO sale dal cuore. Quel cuore matto che, per tanti lunghi lunghi secondi, ha smesso di battere e poi si è ripreso grazie all’intervento di uno dei tanti «angeli» del Pronto Soccorso dell’ospedale Sant’Andrea. Il desiderio è semplice: stringere la mano, abbracciare quell’infermiere il cui adoperarsi si è risolto in un salvataggio, all’ultimo tuffo. Il desiderio è palesato da Mario Bertocchi, dipendente amministrativo del Tribunale, 59 anni, che dice: «Devo la vita a lui: ha capito subito che avevo in corso un infarto e ha fatto quello che c’era da fare». La scena della gratitudine si svolge davanti ai nostri occhi, dopo la richiesta di favorire il contatto espressa da Mario: un abbraccio lungo e forte, che avvolge lui, l’angelo del soccorso, Lorenzo Macchiarolo, ’convocato’ in redazione. Vano raccogliere da lui dei pensieri. Questioni di stile, di modestia ancorata ad una circostanza: Lorenzo non ha fatto altro che il suo mestiere....

Ma Mario è prodigo di parole per spiegare l’accaduto....«che può accadere a tutti...» dice, anche per mettere sull’allerta chi si sente sano come un pesce ma può incorrere, all’improvviso, in un infarto. I fatti risalgono al 4 gennaio. «Da tre-quattro giorni mi sentivo un po’ giù di corda: avevo un senso di oppressione al petto. Mia figlia, che è medico, a più riprese mi aveva imposto di andare al Pronto Soccorso. Io avevo minimizzato... sarà un po’ di mal di stomaco, dopo gli eccessi di San Silvestro. Poi però, in piena notte, il dolore si è fatto più forte. Erano le 4. Ero solo in casa, in Corso Nazionale. Non volevo disturbare i miei cari. Mi sono fatto coraggio. Sono uscito di casa e mi sono incamminato verso l’ospedale con una premura: camminare sulla striscia bianca che delimita la carreggiata. Ho pensato se svengo qualche automobilista mi vedrà...». Angoscia crescente, passi interminabili, la mente attraversata da un pensiero terribile: «E’ finita». Con le gambe è riuscito a raggiungere il Pronto soccorso.

AL TRIAGE c’era Lorenzo. «E’ bastato raccontargli come mi sentivo che ha subito realizzato...». Il resto è storia di abituale interventomergenza, si dice al Pronto soccorso. Il resto, per Mario, è «ancora essere qui a raccontare...». Sì perché il suo cuore aveva fatto le bizze e avrebbe potuto arrestarsi per sempre. Un’altalena di impulsi elettrici disorganizzati, fronteggiata con gli strumenti del mestiere e le manovre rianimatorie. Mario racconta: «Ad un certo punto tutto si è fatto buio... non c’ero più... poi, non so dire quanto tempo dopo, ho riaperto gli occhi e ho visto la fronte dell’infermiere grondante di sudore, attorno a lui altri infermieri e i medici. Non so chi siano loro ma l’abbraccio li ricomprende...». Mario è tornato al lavoro in Tribunale e ha fatto il pieno di strette di mano, risolvendosi in un promotore del nostro ospedale e della prevenzione dell’infarto. A tutti a ha racconto di Lorenzo e degli altri angeli del pronto soccorso. «Grazie a loro posso ancora continuare a godermi la vita... senza più eccessi e minimizzazioni». E intanto culla il nipotino di sette mesi... «Che bello fare il nonno....».