
Con una lunghezza di 61 metri, una larghezza di 9.20 e una superficie velica di 1301 metri quadrati è il brigantino più grande del mondo. Ma a renderla così speciale non sono le sue dimensioni straordinarie. Nave Italia è unica per la sua missione: combattere una battaglia contro ogni forma di pregiudizio sulla disabilità e sul disagio sociale. Sul suo ponte hanno camminato e perfino danzato anziani affetti da demenza, tra il suo sartiame si sono mossi giovani con lo spettro autistico e alla ruota del suo timone si sono alternati ragazzi non vedenti. Dal 2007 Nave Italia ha percorso oltre 40.000 miglia promuovendo la cultura della navigazione come strumento di educazione, formazione e inclusione sociale e ora – dopo il difficile periodo della pandemia da Covid 19 che comunque non ha mai visto un’interruzione delle attività – si è pronti a salpare per una nuova campagna di solidarietà. In circa sei mesi di navigazione si alterneranno a bordo 23 associazioni ed enti no profit del terzo settore per sperimentare quello viene chiamato "metodo Nave Italia". Una volta messo piede sul brigantino si diventa parte dell’equipaggio e ciascuno con un proprio ruolo entra a far parte di una squadra e di un team. E’ spesso una dimensione nuova per chi è portatore di una fragilità.
La mancanza della vista, un’adolescenza turbolenta con qualche problema con la legge, la sclerosi multipli sono problemi che una volta mollate le cime sembrano rimanere a terra. In barca si è tutti uguali e bisogna collaborare, avere fiducia nei propri compagni e imparare a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Affrontare il mare diventa una metafora di una vita che per sua natura è sempre instabile, come lo sono le onde. Basta un cambio di vento, il sopraggiungere di una tempesta o del buio della notte per stravolgere uno scenario di calma e di serenità. Ma non si è mai soli, prossimità, disciplina e condivisione diventano strumenti di guarigione migliori di qualsiasi farmaco e permettono di andare oltre i propri limiti. Al rientro porto le emozioni diventano ricordi indelebili e il cambiamento, quasi incredibile da ipotizzare all’inizio, si compie. Quel corpo fragile si è trasformato in un marinaio speciale. Perché come ha ricordato l’ammiraglio Giorgio Lazio (presidente della fondazione Tender) le navi non sono fatte dal legno o dall’acciaio dei loro scafi ma bensì dai loro equipaggi. I legami e le esperienze umane che si creano a bordo spingono a crescere. A scrutare l’orizzonte per affrontare con fiducia tutte le sfide che ci riserva il futuro.
Vimal Carlo Gabbiani