MATTEO MARCELLO
Cronaca

Bancarotta fraudolenta, condannato il ‘re dei trasporti’

A Trusendi cinque anni di reclusione per il crac della Caorso

L’operazione della Guardia di finanza nell’azienda di trasporti

La Spezia, 23 marzo 2016 - Cinque anni di reclusione all’ex ‘re dei trasporti’ Riccardo Trusendi per il crac, con distrazione di ingenti risorse materiali e finanziarie, della società Caorso Trasporti srl, con sede legale a Piacenza e sede amministrativa in via Antoniana 2 alla Spezia, di cui era amministratore di fatto. È quanto stabilito, con rito abbreviato, dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Piacenza, Ubaldo Ghitti, nel processo che, oltre a Trusendi, 71 anni, originario di Pontremoli e residente a Fivizzano, vedeva coinvolte altre cinque persone.

L’inchiesta, svolta dalla procura di Piacenza con l’appoggio della Direzione investigativa antimafia di Genova, aveva permesso di scoprire come l’azienda, acquisita nel 2008, fu fatta fallire e svuotata di ogni bene, con la vendita di 337 camion a ignari compratori.

Il curatore fallimentare aveva infatti scoperto debiti per 11 milioni di euro e neppure un euro in cassa, nonostante la vendita dei mezzi. Per questa vicenda, il gup ha condannato a due anni di reclusione, sempre in rito abbreviato, Giovanni Carpentieri, residente a Sarzana e considerato un prestanome. Sia Trusendi che Carpentieri, accusati di bancarotta per distrazione, sono stati assolti dall’accusa di bancarotta documentale e dal reato di autoriciclaggio.

Quattro invece i patteggiamenti: Roberto Piras, assistito dagli avvocati Daniele Caprara e Alessandro Rappelli, ha patteggiato a 3 anni e 8 mesi di reclusione, oltre a 5mila euro di multa; Iuri Bernardini di Santo Stefano Magra e Alessandro Ricco di Pontremoli (difeso dall’avvocato spezzino Fulvio Biasotti) a due anni. Adriana Gabrielle Danzi – alias Gabrielle Baldar, presunto avvocato svizzero, che secondo l’accusa si sarebbe adoperata per sostituire e trasferire in Francia e nel Principato di Monaco titoli bancari per varie centinaia di migliaia di euro, così da sottrarli alle azioni di recupero dei creditori – il patteggiamento è stato di un anno, sei mesi e 1.700 euro di multa. Per Bernardini, Ricco e la Dansi la pena è stata sospesa.

Secondo gli inquirenti il sistema fraudolento era semplice. La banda rilevava società in fallimento, le intestava a terzi e le svuotava dei beni, vendendo a ignari compratori. Il ricavato – milioni di euro – veniva dirottato su conti correnti esteri in Francia, Monaco, Svizzera e Montecarlo o ad altre società fittizie, circa una ventina, spesso fatte fallire anch’esse dopo avere ottenuto finanziamenti per acquisto di veicoli.