CHIARA TENCA
Cronaca

"Ti amo tanto da sparire" Giovani in ’corto’ emotivo

Dal ’ghosting’ al ’benching’: l’arte di sottrarsi alle proprie responsabilità. L’esperto: "Non diamo la colpa ai social. Educhiamoli a gestire il dolore".

"Ti amo tanto da sparire" Giovani in ’corto’ emotivo

di Chiara Tenca

Ghosting, orbiting, benching… un vocabolario ampio, fatto di parole anglosassoni la cui traduzione in italiano spiega una serie di nuovi comportamenti in fatto di relazioni amorose. Dalle relazioni ‘chiuse’ senza alcuna spiegazione, ma con una semplice sparizione, all’andarsene, ma senza mai sparire del tutto, impedendo all’ex di staccare definitivamente la spina a un non rapporto, al non riconoscere al partner un ruolo nella relazione. Si tratta di fenomeni sempre più diffusi, tanto che l’Accademia della Crusca ha da poco inserito "ghostare" ("porre fine a una relazione con una persona cessando improvvisamente ogni forma di comunicazione con quest’ultima") nelle parole nuove. Ma cosa c’è dietro a questo ‘pacchetto’ di amore a metà e quanto i nuovi comportamenti hanno una relazione di causa-effetto con il proliferare dei social? A rispondere è Micaela Travaglini, direttrice regionale per la Liguria dell’associazione nazionale pedagogisti clinici. "Il problema è sostanzialmente educativo: abbiamo fallito e non siamo stati in grado di rafforzare le abilità soggettive e di supportare questi talenti". Il problema dei giovani, quindi, sono gli adulti? La bambagia li ha resi incapaci di amare? "Questo è il punto: si tengono i ragazzi al di fuori della realtà e del dolore per tutelarli; per far un esempio, gli si evita di andare ai funerali, ma in questo modo abbiamo fatto sì che crescessero senza consolidare le proprie certezze. Un adulto deve dare loro garanzia e non sostituirsi, in modo che emergano nel giovane forza e volontà di affrontare la vita: il no consente di fermarsi nel momento giusto, invece oggi i genitori hanno abdicato al loro ruolo educativo. Così nei ragazzi si è creata una forma di vivere artificiale e i social network diventano un’ulteriore schermatura".

Dolore e gioia fanno paura a tanti giovani, oggi: c’è paura di se stessi e dell’altro, manca un equilibrio psico-fisico che va riacquisito. Pena anche problemi nel mondo del lavoro, oltre che in coppia. "Molti di loro – continua la Travaglini – a volte intraprendono percorsi professionali da cui scompaiono di punto in bianco, come se fosse un black out. Non danno motivazioni, semplicemente perché anche lì non riescono ad affrontare le situazioni". L’esperta esclude, quindi, che sia nella rete e nelle app la causa diretta di queste forme di comportamento. "Dobbiamo eliminare l’idea che siano all’origine di tutto, anche perché i ragazzi nascono in una società in cui questi strumenti esistono già. Piuttosto, la riflessione da fare è che nessun ente educativo – famiglia, scuola, società, media – sia riuscito a svolgere il proprio ruolo. In troppi, fra loro, hanno caratteristiche sopite, vivono in superficie perché non sono mai stati abituati a scendere da qui e da qui si spiega anche l’uso di sostanze in maniera smodata, che permette di sentire di più o, all’opposto di anestetizzare". La metafora è quella dei pavimenti molli delle scuole: chi non sente dolore, perché non sbatte sulle piastrelle dure, non riesce a gestirlo, né a ripartire. Ma farlo, paradossalmente, si può: aiutandoli. "Anche quando spaccano tutto, inviano richieste di aiuto: se mi arriva un’emozione che non conosco, mi spavento e allora serve fornire gli strumenti giusti per risolvere questo stato di bisogno ed uscire dal malessere: sono ricchissimi, facciamo un’analisi delle loro potenzialità, abilità e disponibilità. Innerviamo le stesse potenzialità di forza e volontà di affrontare la vita e le esperienze, cosa che non sono stati sufficientemente educati a fare. Insomma, diamo loro gli strumenti per trovare soluzioni insieme"