Spaccati di vita e di riscatto: "Dopo anni vissuti nel rimorso adesso so di avere un talento"

Il dietro le quinte e la testimonianza di alcuni ospiti di Villa Andreino trasformati in attori "I liceali della compagnia hanno l’età di mio figlio. Lavorare con loro è stata un’emozione".

Spaccati di vita e di riscatto: "Dopo anni vissuti nel rimorso adesso so di avere un talento"

Spaccati di vita e di riscatto: "Dopo anni vissuti nel rimorso adesso so di avere un talento"

Detenuto-attore: una definizione che non si sente tutti i giorni, ma descrive la doppia condizione di coloro che dalla cella approdano al palcoscenico, grazie al progetto ’Per Aspera ad Astra’. Spaccati di vita e riscatto emergono dalle parole di tre di loro. "In questo spettacolo – spiega Osman Lugo Perez – io interpreto il ruolo di Caino, la parte del ’cattivo’. L’esperienza teatrale mi ha fatto vedere le cose in modo diverso: è stata un’apertura ad una crescita personale che mi ha fatto scoprire un talento che non pensavo di avere, dopo aver vissuto per anni nel rimorso, come succede al mio personaggio. Questo studio è al secondo anno e il tempo trascorso mi ha reso più responsabile rispetto al ruolo che interpreto, riuscendo a cucirmelo addosso. Sicuramente il teatro rappresenta e ha rappresentato per me una crescita personale che intendo proseguire per il futuro. Riguardo allo staff – regista, collaboratori e ragazzi delle scuole – posso dire che più che una compagnia teatrale siamo diventati una famiglia". "In breve tempo – racconta Alessandro Bertonasco – mi sono trovato a lavorare per un progetto contro il pregiudizio e i preconcetti, oltre che con altri detenuti, in compagnia di alcuni studenti liceali, che regolarmente accompagnati dagli operatori teatrali entrano in carcere. Al primo incontro con quei ragazzi, che hanno pressappoco l’età di mio figlio, ho provato un’emozione fortissima, guidata da un’inaspettata magia; non ero più abituato a interagire con ragazzi così giovani, ma nemmeno con persone che non fossero detenuti o poliziotti".

Anche Francesco Felici è testimone di un’esperienza straordinaria. "Possiamo dire che questo lavoro è cresciuto tantissimo e che l’esperienza che ci ha portato per la prima volta a recitare insieme a ragazzi delle scuole si è consolidata sempre più. Ci siamo resi conto che alla fine la magia del teatro è riuscita ancora una volta ad abbattere tutte le barriere e i tabù che spesso ci creiamo da soli. Ritengo che il teatro in carcere sia un percorso di apertura mentale, l’arte e la conoscenza, il mettersi in gioco davanti a un pubblico enorme come quello del Civico che ospita circa 900 persone, ti dà emozioni e sensazioni che solo chi calca quel palcoscenico può conoscere. Siamo seguiti per tutto l’anno da persone che credono veramente in quello che fanno, ci supportano con impegno e dedizione totale, senza giudicarci o condannarci. Danno tutto, per mettere in scena il lavoro fatto per mesi e mesi che si concluderà con una sola serata, ma grazie al loro impegno e alla loro dedizione ci faranno sentire attori per un giorno".

C.T.