
di GIanluca Tnfena
Ha trascorso 24 anni allo Spezia, prima da giocatore poi da dirigente. Francesco Siviero è di fatto un pezzo di storia vivente del club aquilotto, un amore nato in mezzo al campo a fine anni Ottanta e consolidatosi nel tempo come addetto all’arbitro. È lui l’ospite della colazione di questa settimana a pochi giorni di distanza dall’impresa di Coppa Italia dell’Olimpico. Nativo di Civitavecchia, da bambino tifoso romanista e cresciuto calcisticamente nelle giovanili della Roma, ma ovviamente follemente innamorato dello Spezia.
Quali sono gli aneddoti più belli che ti legano a queste tue ex squadre?
"Ho giocato nella Roma fino alla Primavera. Avevo come compagni di squadra Alberto Di Chiara e Sandro Tovalieri e il tecnico della prima squadra dell’epoca era il mitico Liedholm. Ricordo le tante sfide in allenamento contro i grandi di quegli anni, come posso dimenticarle. Ma i miei ricordi con lo Spezia sono qualcosa di più profondo ed emozionante. Non ho vinto nulla di importante in maglia bianca, ma ho ancora i brividi a pensare a certe sfide infuocate con il Picco strapieno. La vittoria 1-0 contro il Prato in casa nel 1989 resta in assoluto la mia partita perfetta. Ci giocavamo la B, poi tutti ricordano come andò a Lucca. È il bello e il brutto del calcio, le congetture non esistono. Se devo rammaricarmi di qualcosa penso alle cessioni dell’anno successivo di Chiappino e di Tacchi al Vicenza. Con loro avremmo avuto le basi per ritentare l’impresa".
Dal 2000 fino a pochi mesi fa sei stato nei quadri dirigenziali nel ruolo di addetto all’arbitro. A proposito di allenatori chi è stato il tecnico dello Spezia ad avere proprio un pessimo rapporto con la classe arbitrale?
"Quello degli ultimi anni che ha avuto più difficoltà ad interfacciarsi con loro è stato Bjelica. Ricordo ancora la sua protesta in mezzo al campo con l’arbitro Pasqua contro l’Avellino. Gli arbitri si erano ormai annotati il suo comportamento ed era di fatto sotto la lente d’ingrandimento ogni partita. Di certo veniva da un altro paese e in Croazia c’e’ un’altra cultura, questo di certo non l’aveva agevolato".
C’è mai stato un arbitro che hai dovuto accompagnare nel dopo gara che ti ha confessato di avere sbagliato una partita al Picco?
"Questo no, ma lo si poteva vedere dagli atteggiamenti. Vi ricordate quel famoso Spezia-Trapani dei play off di serie B del 2016 con quel clamoroso rigore megato a Piccolo? L’arbitro La Penna finita la gara mi chiese di portarlo a cena lontano da La Spezia, andammo a Marina di Carrara. Nel tragitto gli arrivarono continui messaggi sul telefono dell’errore di valutazione sul rigore. Quello sbaglio quell’anno gli costò il passaggio in serie A. Fu il primo a capire dell’errore. Ora con il Var magari con quel rigore lo Spezia avrebbe passato il turno".
In 24 anni allo Spezia hai conosciuto tanti giocatori e allenatori. A chi sei rimasto particolarmente legato?
"Ho sempre preferito tenere un profilo istituzionale con tutti nel segno del massimo rispetto e piena collaborazione. Sono rimasto legatissimo a molti miei compagni di quello Spezia di mister Carpanesi. Su tutti Luciano Spalletti, ci sentiamo spessissimo al telefono ed è un onore potersi confidare con uno degli allenatori più bravi del calcio italiano. Siamo amici da lunga data, pensa che fu proprio lui a presentarmi quella ragazza che con il tempo è diventata mia moglie".
Dopo la carriera da calciatore, prematuramente interrotta a 28 anni a causa di un infortunio, hai intrapreso anche l’esperienza lavorativa di agente immobiliare interessandoti anche di case in affitto per calciatori dello Spezia. Qual è l’aneddoto lavorativo più curioso?
"Ne ho uno davvero incredibile, ma non ti rivelerò il nome. Ti dico solo che è un giocatore straniero che giocava nello Spezia di Bjelica. Un giorno la proprietaria di casa mi chiamò perché i vicini sentivano un odore nauseabondo provenire dal suo balcone. In sostanza aveva messo ad essiccare al sole sul terrazzo della carne di capretto che iniziò a colare di sotto e finì nel piatto di persone che abitavano al piano inferiore e stavano pranzando all’aperto".
Venendo allo Spezia di oggi, quali sono i giocatori che interpretano di più il tuo modo di intendere il calcio?
"A me piace molto Matteo Ricci per il suo modo di voler sempre giocare la palla e impostare, ma anche la grinta di Chabot e la sua aggressività nel marcare gli avversari e non mollare mai".