CORRADO RICCI
Cronaca

Sta con un tunisino, la mamma diventa stalker. Condannata

Tempesta la figlia di sms per opporsi all'idea di avere un genero musulmano

Sms (foto di repertorio)

La Spezia, 9 dicembre 2015 - UN AMORE forte, ma contrastato. Da una parte una giovane spezzina e un ragazzo tunisino; dall’altra la madre di lei che non tollera la sua relazione sentimentale con un musulmano, un extracomunitario immigrato nel capoluogo ligure per cercare lavoro. La storia viene da lontano ma nei giorni scorsi ha avuto il disvelamento giudiziario, in conseguenza di un processo civile celebrato davanti al giudice di pace.

Lì si è consumato l’ultimo atto della guerra fra la figlia (orfana di padre) e la madre, per l’offensiva sviluppata da quest’ultima a base di messaggini telefonici. Sms che sette anni fa erano diventati lo strumento dell’estremo tentativo comunicativo del genitore per riallacciare il rapporto con la figlia, che era fuggita col fidanzato extracomunitario. I primi messaggi, imploranti, fatti di appelli alla figlia a tornare sui suoi passi caddero nel vuoto. Poi diventarono tutti sms al veleno, a base di insulti, epiteti a sfondo sessuale, minacce: quasi un centinaio quelli messi agli atti.

Un’offensiva che, penalmente, ha assunto la forma del reato di molestie. Risale a due anni fa il processo alla donna, da lei chiuso con il ricorso al patteggiamento della pena; se la cavò con una sanzione pecuniaria. Credeva, con quella sentenza, di aver esaurito il percorso davanti alla giustizia. Invece poi si è trovata nella buca delle lettere la citazione per il risarcimento dei danni. A pesare nei suoi confronti la scelta pregressa del patteggiamento della pena e anche un’esplicita ammissione nel corso di causa: «All’epoca dei fatti ero solo io a conoscenza del numero di mia figlia». Autogol. Come ha evidenziato l’avvocato Luigi Fornaciari Chittoni che ha assistito la parte lesa: questa ora ha 28 anni, mentre quando si consumò la fuga d’amore che innescò la bordata di sms molesti, ne aveva 21. Risultato: il giudice di pace Stefano Galeotti ha condannato la donna al pagamento di 3000 euro per i danni morali sofferti dalla giovane.

La figlia non si è presentata al processo: non voleva incrociare il suo sguardo con quello della madre e correre il rischio di essere oggetto di ulteriori insulti o, magari, di appelli a risaldare un legame che comunque è fatto di sangue. Per lei l’autodeterminazione non ammette cedimenti ai richiami materni. Intanto la relazione fra la giovane spezzina e il tunisino regge, alla faccia dei dubbi. Ancora conviventi, ma col proposito di stabilizzare la relazione col vincolo del matrimonio, nel reciproco rispetto delle diverse fedi religiose: lei è, e vuole restare, cristiana.