L’anno della svolta o del pantano? "Senza una regìa non si va avanti"

Il segretario della Cgil di fronte alle sfide che ci attendono: "La vera scommessa è la lotta al precariato". Dall’area Enel all’Arsenale ai cantieri nautici. Parole dure sulla sanità. "Situazione da terzo mondo"

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di Franco Antola

Una città e una provincia prive di una regia economica dove ciascun soggetto, pubblico o privato, procede autonomamente, fuori da una qualunque programmazione condivisa capace di coordinare energie e risorse in funzione di obiettivi comuni. Una carenza tanto più grave in un momento come l’attuale, dove investimenti e risorse, dal Pnrr ai fondi regionali, potrebbero aprire orizzonti di sviluppo prima inimmaginabili. È un quadro tutt’altro che rassicurante quello tratteggiato da Luca Comiti, segretario provinciale della Cgil, cui abbiamo chiesto, con l’inizio del nuovo anno, di mettere a fuoco i temi più importanti su cui dovrà giocarsi la partita degli investimenti e della crescita.

"Il 2023 porterà con sé sfide decisive per la città e la provincia – riflette Comiti – dopo un 2022 molto problematico, su cui hanno pesato almeno quattro fattori negativi: l’inflazione, la guerra, la pandemia e la speculazione, soprattutto quella legata ai costi energetici, non sempre giustificati dal complesso quadro internazionale, costi che hanno pesato sulle famiglie e il carrello della spesa. Guardando al 2023, penso che una delle sfide più importanti sia quella del lavoro e della precarietà, perché non basta avere un impiego, servono anche dignitose condizioni in termini di qualità, sicurezza e retribuzione. Si tratta di un tema prioritario, se pensiamo che almeno ottomila occupati della provincia lavorano nel settore degli appalti, soprattutto pubblici. Un terreno dove continuano a regnare la precarietà e dove la contrattazione avviene al ribasso, guadagnando sul costo del lavoro e la riduzione delle ore, un quadro che influisce pesantemente anche sulla sicurezza. Su questo fronte il nostro sarà un impegno intransigente, le cui linee fondamentali saranno fissate nel nostro congresso in programma il 12 e 13 gennaio agli Impavidi di Sarzana".

Ci sono anche altri nodi-chiave da sciogliere, però…

"Sul tappeto resta il caso Enel, dove siamo a un punto morto, senza alcuna notizia sui programmi, per questo stiamo spingendo per riaprire il tavolo sull’area che, va ribadito, può offrire lavoro di qualità, soprattutto destinato alle nuove generazioni. Come sindacato abbiamo le idee chiare, green economy ed economia circolare possono rappresentare la svolta, ma serve un ragionamento complessivo e tutti devono dare il proprio contributo a quel tavolo, cominciando dalla proprietà".

È immaginabile che in agenda ci sia anche il tema delle aree militari?

"Non c’è dubbio. In ballo c’è il rilancio di una base che sta morendo, molte strutture sono in disuso e fatiscenti e manca personale. C’è da capire cosa voglia fare la Marina, sarebbe opportuno che se alcune aree non servono più a esigenze militari venissero restituite alla città destinandole magari alla formazione. Il fatto è che in questo terreno, come negli altri, si continua a navigare a vista. Occorre ragionare insieme, con la Regione e gli altri interlocutori, per individuare una linea per la crescita. Diversamente i giovani continueranno a lasciare questa provincia".

Ci sono settori però che danno segni di grande vivacità, come la nautica...

"Qui il quadro è meno grave, ci sono aziende protagoniste di ottime performance sul mercato internazionale. Quanto alle grandi industrie, come Fincantieri, dove le entrate giornaliere sono quattromila con soli seicento addetti diretti, si devono risolvere i nodi della precarietà. Le tutele servono non solo per i dipendenti diretti ma anche per il vasto comparto dell’indotto, dove ci sono sacche da monitorare attentamente. L’accordo sul caporalato è stato un importante passo avanti, ma servono verifiche puntuali".

E poi c’è il porto.

"La situazione è positiva, anche se i traffici sono diminuiti del 9%, un calo attribuibile peraltro a contingenze internazionali. Molti progetti stanno andando avanti, con significativi investimenti anche sulla formazione ma occorre procedere sulla strada dell’integrazione con la città. Quanto al turismo, a fronte di una forte attrattività del territorio si continua a cogliere pressapochismo e mancanza di coordinamento, senza una politica generale condivisa, come sul tema dei flussi, senza contare la mancanza di strutture adeguate e con seri problemi, anche qui, sul fronte della precarietà del lavoro".

Industria a parte, anche la sanità è in attesa di conoscere il suo destino.

"Spezia ha ormai una sanità da terzo mondo: mancano medici, infermieri, operatori. E i nostri uffici ci dicono che sempre più persone che hanno necessità di curarsi non hanno soldi per farlo e sono costrette a scegliere: o la salute o la rinuncia ad altri servizi essenziali. Inaccettabile. Anche qui non è più rinviabile l’apertura di una vertenza generale su questo tema".