L’accoglienza di 23 minori in città La Caritas: "Una gara di generosità"

Sette ragazzi nigeriani si allontanano dalla Cittadella per una trovare una chiesa. Fermati sul raccordo

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Migranti tutti a destinazione, a mezzo pullman, nei vari centri accoglienza individuati in Italia, da nord a sud fino a Foggia, dal ministero dell’Interno senza scomodare le basi di Marina Militare e Aeronautica (opzione suggerita dal sindaco Pierluigi Peracchini). Alla Spezia sono restati 23 minori non accompagnati: due, una ragazza nigeriana di 17 anni e un ragazzo tredicenne del Benin, ospiti in un istituto di accoglienza della provincia convenzionato col Comune della Spezia. Ventuno ragazzi, sopra i 14 anni, sono invece ospiti della Cittadella, il centro di accoglienza della Caritas, cuore pulsante della solidarietà. Il Comune, che già da tempo ha in carico 26 minori non accompagnati, non ha potuto andare oltre al tetto delle disponibilità logistiche degli istituti accreditati ma accelera sul piano degli affidi familiari. In stato di preallerta alcuni genitori che già in passato si erano resi disponibili. Al vaglio le schede compilate nella prospettiva di creare un futuro alla Spezia per ragazzi soli.

La Cittadella della Caritas, del resto, è ormai satura. Per ospitare i nuovi ragazzi richiedenti asilo sono stati fatti salti mortali. "Atti dovuti e sostenuti" dice il direttore don Luca Palei con riferimento alla "splendida gara di generosità di cui siamo stati e continuiamo ad essere veicolo" diceva in mattinata il sacerdote incoraggiando il suo team a reggere all’onda d’urto dell’emergenza ma anche del bene contagioso.

"Le nostre chat e quella della Croce Rossa sono state il crocevia degli slanci di solidarietà giunti dalle parrocchie ma anche da tante associazioni laiche. A domanda, risposta..." dice una volontaria dalla cabina di regia

Cioè?

"Mancavano indumenti per vestire dignitosamente i ragazzi più piccoli fra gli 87 minorenni sbarcati dalla Geo Barents: scarpe e abbigliamento su misura si sono materializzati alla velocità del razzo. Insieme a tanti giocattoli. I bisogni restano, le porte dei nostri presidi per raccogliere aiuti sono sempre aperte".

Mentre racconta questa storia rimbalza la notizia dell’altolà posto sul raccordo stradale a sette ragazzi eritrei sbarcati dalla Geo Barents. Sono stati localizzati in prossimità dello svincolo di Melara da una pattuglia della Polizia stradale. "Sono quelli scappati dall’ospedale di Sarzana, positivi al Covid" è la presunzione che si fa tamtam. Ma il test effettuato alla Croce Rossa, chiamata dalla Volante per il controllo previo trasferimento scortato all’hub portuale, esclude la circostanza: tutti negativi e, tutto sommato, in buona salute per affrontare una camminata che ha raggiunto una distanza considerevole dal centro in cui erano ospiti, liberi di muoversi: la Cittadella. Si, sono le stesse fonti della Caritas a far rientrare l’incubo contagio, e a spiegare i motivi dell’allontanamento.

"Nessuna fuga. E poi la nostra non è una prigione..." puntualizza con riferimento alle giustificazione ricevute: "I ragazzi ci hanno detto che il loro intento era quello di cercare una chiesa e andare a pregare. Alcuni lo aveva già fatto in mattina, in prossimità del centro. E’ presumibile che i ragazzi finiti sul raccordo si siano smarriti". Cuore di volontario, pronto sempre ad accogliere e incoraggiare gli animi persi affinchè ritrovino la retta via. Strette di mano e raccomandazioni al rientro da una parte; assunzioni di responsabilità dall’altra. Giudizio sospeso sulla lettura plausibile della ricerca della clandestinità.

Di certo, come dimostrano casi pregressi di migranti accolti dalla Caritas, c’è chi, attraverso un percorso mirato di integrazione e mediazione culturale, non solo ha trovato lavoro ma si sta rivelando una risorsa per la comunità: dalle manutenzioni dei muretti a secco alla pulizia delle strade, dall’edilizia alle cucine, fino a ruoli importanti nei ristoranti. E non è un caso che da questo fronte siano partite generose forniture, intrise di riconoscenza, verso la Caritas e il suo don, ovviamente irrintracciabile preso com’è a coordinare i volontari e a relazionarsi col prefetto che presiede alle operazioni degli aiuti e vigila sull’andamento della scomoda inchiesta sulla Geo Barents.

Corrado Ricci